Esile negli arrangiamenti, enigmatico nei testi. Questo il rock degli E42, band nata all’ombra dei sobborghi romani durante il 2001, in seguito allo scioglimento degli Elettrojoyce, dei quali permane il nucleo strumentale: Andrea Salvati (voce, piano, chitarre), Stefano Romiti (chitarre), Fabrizio D'Armini (batteria, percussioni) e ora anche Gianluca Del Torto (basso).
‘Libera’ è il primo lavoro discografico completo firmato E42. Esce al tramontare del 2004, dopo il remix elettronico del singolo ‘La notte di San Lorenzo’, ed è un album che in qualche modo non chiede niente a nessuno. Dodici tracce sincere e intrise di un’essenzialità riscontrabile già nei luoghi del prodotto finale: la copertina, foto originale di Claudio Corrivetti intitolata ‘Amsterdam 1989’, disorienta interpretazioni assetate di luoghi comuni tra i contrasti del rosso e nero.
Da molti paragonati a band di stampo londinese-melodico, gli E42 portano con sé il carisma della musica italiana più feconda, con una forte propensione per arrangiamenti acustici realizzati alla vecchia maniera (voci, chitarre, basso, batteria), spesso affiancando alla passione per i controcanti di terza e di quinta, il tocco mistico delle tastiere e una spiccata creatività poetica, contenutistica e formale.
I testi, mai banali, aleggiano nella sfera più intima dell’individuale, sposando melodie dirette, in grado di raggiungere anche l’orecchio meno sofisticato.
Della precedente esperienza guidata da Filippo Gatti resta sicuramente un rock sottile, capace di non dare mai niente per scontato eppure adatto a vestire la quotidianità. Certo è inevitabile il confronto con gli slanci assai difficili da dimenticare in brani cari ai vecchi Elettrojoyce come ‘Balena’ o ‘Girasole’. Ora sembra esserci piuttosto spazio per una pacatezza riflessiva e salda, vogliosa di andare oltre, a tratti oracolare.
“ Processi mai rivelati, necessari come strette di mano, lasciano tracce che tornano invano. E fermati a guardare, cercando di capire…”. ‘Ex flowback’, nata tra Roma e Londra, è la dimostrazione di come non svanisce quella stessa delicatezza strumentale di sempre, non necessariamente sinonimo di debolezza, anzi spesso pronta a risultare pungente.
“Ogni minuto lontano, riflesso in un grado di meno, lascia il segno”, recita il primo brano ‘Atomo’, il cui testo è stato scritto con il prezioso contributo di Christian Raimo, definito dallo stesso Salvati un grande scrittore. Stupisce la spontaneità di voce-chitarra-bonghi in ‘L’ultimo amore’, traccia finale, dove la voce di Salvati incontra piacevolmente i cori di Giorgia Semprini, ali per il pezzo, nei passaggi di tonalità da minore a maggiore.
Ma è il brano che da il titolo all’album ad evocare l’emblema della creazione. E’ l’assolo di una corda dalle movenze lente e vacillanti che si fa strada passo dopo passo, in equilibrio sulla trave dei significati. “Sorridimi, poi lasciami lo splendido animale, non credere più a quello che leggi sul giornale, che il mondo è triste e le città son vuote, che il cuore si divide, nel tempo di un respiro..”. Inizia pressappoco così, una poesia breve quanto intensa, dove ancora una volta viene esaltato quell’essenziale, unico sale indispensabile ai sensi.
Conoscere la forza della musica è benessere
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