“Mi sembrava incredibile: la primavera precedente avevo letto un bel romanzo di Yasunari Kawabata sui vecchi borghesi di Kyoto che pagavano somme enormi per passare la notte contemplando le ragazze più belle della città, nude e narcotizzate, mentre loro agonizzavano d’amore nello stesso letto. Non potevano svegliarle, né toccarle, e neppure ci provavano, perché l’essenza del piacere consisteva nel guardarle dormire. Quella notte, vegliando il sonno della bella, non solo capii quella raffinatezza senile, ma la vissi pienamente.”
A parlare così è lo stesso Marquez nell’ “Aereo della bella addormentata”, uno dei suoi articoli giornalistici scritti nel 1982, confluiti prima nel Taccuino dei cinque anni, poi nella raccolta dei Dodici racconti raminghi.
Quella che più di venti anni fa era stata per lo scrittore colombiano l’esperienza di una notte vissuta nella penombra del mondo, in volo sull’Atlantico da Parigi verso New York, accanto a una splendida ragazza sconosciuta capitata per caso accanto al suo posto in aereo, è diventata nella vita immaginativa dello stesso Marquez - vita immaginativa che è per uno scrittore della sua forza narrativa nient’altro che il riflesso veritiero di quel sogno condiviso che chiamiamo realtà – lo spunto per l’incontro decisivo nella vita del suo ultimo personaggio, un vecchio giornalista di Barranquilla, eccentrico e solitario, professore in pensione, oscuro rimpolpatore di dispacci per il Diario de la Paz, appassionato di musica classica nonché critico musicale per passione e quasi senza rimunerazione. Insomma, un uomo che, arrivato da solo ai suoi novant’anni di età nella casa ereditata dai genitori, non ha mai conosciuto l’amore, se non quello mercenario delle case di piacere, di cui è stato per tutta la vita cliente abituale e apprezzato.
Eppure proprio nel giorno dei suoi novant’anni l’anziano giornalista decide di regalarsi una notte di amore folle con una adolescente vergine. È l’incipit di questo lungo racconto e insieme l’inizio di una passione inaspettata che sconvolgerà la vuota e ripetitiva vita del vecchio protagonista. Per la prima volta nella sua lunga esistenza proverà un sentimento d’amore senza limiti, un desiderio mai sazio di trascorrere le sue notti contemplando il corpo nudo di quella splendida quattordicenne vergine procuratagli dalla sua ruffiana di una vita, Rosa Cabarcas.
A questa splendida adolescente vergine darà il nome falso, ma per il suo amore l’unico possibile, di Delgadina, e con lei, con la Delgadina forse oscuramente attesa per una intera vita, questo vecchio giornalista trascorrerà le ore più intense e rivelatrici della sua esistenza, scoprendo di sé quello che non aveva mai avuto il coraggio di rivelarsi:
“La casa rinasceva dalle sue ceneri e io navigavo nell’amore di Delgadina con un’intensità e una gioia che non avevo mai conosciuto nella mia vita precedente. Grazie a lei affrontai per la prima volta il mio essere naturale mentre trascorrevano i miei novant’anni. Scoprii che l’ossessione che ogni cosa fosse al suo posto, ogni faccenda a suo tempo, ogni parola nel suo stile, non era il premio meritato di una mente in ordine, ma tutto il contrario, un intero sistema di simulazione inventato da me per nascondere il disordine della mia natura. Scoprii di non essere disciplinato per virtù, ma per reazione alla mia negligenza; di sembrare generoso per nascondere la mia meschinità, di passare per prudente solo perché sono malpensante, di essere arrendevole per non soccombere alle mie collere represse, di essere puntuale solo perché non si sappia quanto poco mi importa del tempo altrui.(…) Mi domando come abbia potuto soccombere a questa vertigine perpetua che io stesso provocavo e temevo. Fluttuavo fra nuvole erratiche e parlavo con me stesso davanti allo specchio nella vana illusione di accertare chi ero. Erano tali i miei vaneggiamenti, che in una manifestazione studentesca con pietre e bottiglie, dovetti fare di necessità virtù per non mettermi alla testa con una scritta che consacrasse la mia verità: Sono pazzo d’amore.”
Spesso sentiamo dire che l’amore non ha età, e sorridiamo cinicamente; questa storia così coraggiosa, spavalda e miracolosamente riuscita ci lascia a bocca aperta e punisce la nostra sciocca superbia.
Dedicato a tutti quelli che almeno una volta nella vita sono stati pazzi d’amore.
P.s.: Ovviamente le righe che avete appena letto non pretendono di essere una equilibrata e obiettiva recensione ( pratica letteraria in cui chi sta scrivendo queste frasi crede ogni giorno di meno ), ma un modesto e sincero atto d’amore fatto da un oscuro e appassionato lettore nei confronti di uno scrittore e del suo mondo.
Amare l'arte è benessere
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