“Ciò che non ha fine non ha neanche senso” (Jurji M. Lotman). E’ così che succede... andando a spasso in libreria, ogni volta come fosse un miracolo, ogni volta come si stesse cercando “il” libro che non si trova mai, ti viene incontro qualcosa che non ti aspettavi, che non sapevi neppure esistesse. La storia delle fini, di tutte le fini! Apri il libro e scorri le pagine, l’inizio, la metà...evitando naturalmente le conclusioni perchè non vuoi sapere come finisce! Trovi una citazione messa lì, al principio di un capitolo e pensi che non è mica una frase sbagliata, e che anzi ti apre la strada a interessanti interpretazioni di una serie di vicende –anche tue- personali. È vero, quel che non ha fine non ha neanche senso. L’intuizione va approfondita, e perciò, dopo qualche minuto, il libro e’ già in cassa: costa appena 14,46 euro ed e’ edito da Editori Riuniti.
Il cinema ha questo di simile alla vita; che ne ricalca la struttura e ne anticipa le evoluzioni. E’ un po’ come la sfera dello stregone in cui si cerca il futuro. E, proprio come per la magia, quando si è visto tutto viene da pensare che con quei presupposti chiunque avrebbe tirato le stesse somme. E’ un pò come dire, dunque, che date certe premesse (anche in un film) la fine si scrive da sé.
Veniamo al libro: è diviso in dieci capitoli, analizza tutte le tipologie di “fini note”, è così ricco di esempi che fa venir voglia di andare a rivedere tutti quei film. “Thelma e Louise”, tanto per dirne uno... Le due eroine si consegnano alla morte lanciandosi con l’automobile in un burrone: è un finale pessimista? No, per niente. Drammatico, sorprendente, polemico. Il contrario dell’happy ending hollywoodiano.
Oppure l’italiano “Pensavo fosse amore invece era un calesse”: una commedia che non finisce bene, ma neppure male. Un finale aperto, insomma, sospeso; i due fidanzati sul punto di sposarsi e con tanto d’abito di nozze si siedono al tavolino di un bar, disertano la chiesa e si mettono a parlare. Come e’ andata a finire? Perchè quella, nonostante scorrano i titoli di coda, non e’ una vera e propria fine. Potrebbe addirittura essere un inizio, l’inizio di un’altra storia, di un altro film...
Ci sono tanti modi di chiudere un racconto, una sceneggiatura, una vita intera. E mentre si legge il libro, con la curiosità di chi ricorda tutti i film ma li rivede come fosse la prima volta, si ha la sensazione di capire meglio anche qualcosa che va al di là della pura cinematografia.
E’ un libro, quindi, che può leggere chiunque si entusiasmi alla decodificazione della realtà, chi ama le costruzioni, chi fa puzzle da tremila pezzi, chi psicanalizza gli amici e persino chi, almeno una volta al mese entra in un cinema e all’uscita dalla sala sospira: “bello, peccato il finale...” e non sa di avere tanta ragione!
Amare l'arte è benessere
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