Nel periodo in cui si preparano le elezioni iraquene, in cui si decidono le strategie e le tendenze per le prossime elezioni politiche, in cui in Europa si discute della nostra finanziaria e della liberalizzazione della produzione di prodotti italiani come la grappa, il giornalista del telegiornale si fa "massaia" e, per allentare la tensione, parla del tempo, esattamente come farebbe un conversatore in empasse, con un comportamento inqualificabile per chi, invece, ha una responsabilità sociale molto maggiore del compiacere la persona con la quale conversa.
Che il pubblico televisivo chieda di non essere informato nel vero senso della parola? Che al telegiornale venga richiesto di fare la funzione più di un varietà che di uno strumento di informazione? Che si resti incollati allo schermo per vedere le immagini del freddo record come si è interessati alle grandi sciagure, alle storie drammatiche, alle disgrazie altrui che, almeno, non fanno pensare alle proprie?
Che sia il pubblico a muovere la voglia di sensazione piuttosto che una redazione poco professionale non è un argomento dimostrato. Mantenendo da parte la questione del sensazionalismo, come è possibile che possa esserci una così grande distorsione di notizie verificabili come "in tutta la regione x nevica" oppure "le città y e z sono sommerse e paralizzate dalla neve"? Non è possibile a questo punto non domandarsi se questo pressappochismo non si applichi solo al faceto argomento del tempo o anche a questioni più importanti, come la politica estera o quella interna.
Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere
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