Da molti anni, ormai, lo seguiamo nei suoi viaggi da un capo all’altro del Pianeta, e talvolta anche oltre; non lo abbiamo mai perso per strada nel suo migrare sui principali network nazionali… Roberto Giacobbo, per i telespettatori, è l’uomo per il quale il mistero sembra non avere più veli…
In tanti siamo rimasti incollati la domenica sera davanti al televisore a seguire Stargate… Oggi, ci fa perdere ore di sonno per non mancare all’appuntamento con Voyager su Rai 2, in seconda serata… Ma lui, il nostro “Voyager” per eccellenza, quali misteri nasconde? Chi è veramente questo garbato Martin Mystère che, anche davanti ad una telecamera, non si pone mai come l’indiscusso protagonista di quella nuova avventura che sta per farci vivere?
D. Hai sempre avuto un interesse verso i misteri della Storia, per quei suoi lati oscuri poco indagati, o questo è nato in un momento particolare della tua vita, magari per lavoro?
G. A me piace molto leggere, leggo più di un libro a settimana, se non sono molto lunghi arrivo a leggerne fino a tre. Leggo per passione e non c’è nulla di più appassionante della ricerca… Un romanzo, un giallo possono essere di grande presa, ma una ricerca vera è ancor più affascinante tant’è che i grandi romanzi arrivano quasi sempre da una effettiva ricerca successivamente romanzata. Leggendo, leggendo mi sono trovato a sviluppare il mio interesse verso l’Egitto e da lì… Anche il mio passaggio da dietro la scrivania, come autore, a davanti ad una telecamera come conduttore è dovuto al mio amore per l’Egitto ed è avvenuto in maniera quasi rocambolesca… Quando insegnavo comunicazione di massa in un istituto di formazione televisiva ripetevo sempre ai miei studenti: “ricordatevi che non ci sarà mai nessuno che busserà alla vostra porta, dovrete cercare in prima persona di conquistarvi uno spazio”. Dopo aver ribadito per anni la necessità di darsi da fare, a me accadde, però, esattamente il contrario: sull’onda del successo riscosso dal mio primo libro sull’Egitto venni invitato al Maurizio Costanzo Show. Doveva essere un breve intervento e invece mi trovai a parlare a lungo, quasi un monologo. Il giorno dopo mi chiamarono i responsabili di Tele Monte Carlo: erano rimasti colpiti – mi dissero – dalla conoscenza e dalla passione con le quali avevo trattato l’antico Egitto. La rete aveva acquistato dei telefilm della serie Stargate che dovevano andare in prima serata, ma che non erano abbastanza lunghi da coprirla; era necessario, perciò, costruire intorno ad essi un programma. “Lei è un autore, riesce ad affascinare quando parla… invece di istruire un conduttore vada in video direttamente lei”… È stata una scommessa. È andata bene e così è iniziato questo prestito di me stesso alla conduzione perché io continuo ad essere un autore e continuerò ad essere un autore anche quando la moda di Roberto Giacobbo come conduttore finirà.
Le prime 22 puntate di Stargate erano tutte dedicate all’Egitto. Poi ho incominciato ad interessarmi anche ad altri argomenti, ma l’antico Egitto continua ad essere la mia prima, grande passione…
D. Ti sei mai chiesto perché l’Egitto ti emoziona, ti affascina tanto? Associ questo interesse a qualcosa di misterioso, forse ad una tua reincarnazione?
G. Secondo me l’Egitto racchiude una serie di grandi misteri. Prima di tutto, l’origine del suo popolo; un’origine talmente remota che è difficile che non riguardi ognuno di noi… Ricordiamoci che l’Egitto è molto cambiato nel tempo, ma è pur sempre una terra ricchissima di storia e di storie ancora non spiegate. Proprio perché c’è ancora tanto da chiarire ha questo grandissimo fascino. Sfido chiunque sia stato in Egitto a non aver sentito la voglia di tornarci, a non aver avvertito una magia particolare. Per quanto riguarda la reincarnazione, sinceramente ti dico che è un tema che sto approfondendo… È un qualcosa nel quale non posso dire di credere, ma neanche posso dire di non credere… Voglio capire cosa c’è che ancora non mi torna.
D. Tornando a Stargate, ne hai nostalgia? In fondo è una tua creatura…
G. No, ho nostalgia solo di quel periodo. Ho iniziato Stargate il 19.9.1999. Una “misteriosa” ripetizione numerica, non trovi? Stargate è stata una scommessa perché al tempo era davvero un argomento pionieristico. Ho scritto questo programma insieme a Irene Bellini, mia moglie, con la quale ci siamo conosciuti per lavoro: due autori che s’incontrano e che poi si sposano… Abbiamo fatto questa trasmissione per 130 puntate. Le équipe all’interno sono cambiate più volte nel tempo, ma due componenti dell’ultima edizione mi hanno seguito in Rai e sono con me a fare Voyager: Alessandra Gigante, la regista, e uno degli autori, Fabio Andriola. Io ho continuato a fare l’autore. Ho la fortuna di essere un autore che presenta il programma che scrive. Dunque, non c’è stato un vero distacco da Stargate: Voyager è la sua evoluzione, lì ho lasciato un titolo e oggi altra gente sta facendo un programma che è un po’ diverso; lo fanno bene, faccio loro i miei complimenti, conosco Massimo Manfredi e lo stimo, ma è un’altra trasmissione.
Io continuo a dire che i miei programmi, e Voyager più degli altri, non sono programmi di risposte e nessuno si mette in cattedra ma, al contrario di altri programmi simili, questo è un programma di domande, io “scendo” dal video, vado in mezzo alla gente e cerco di interpretare le richieste e le domande che arrivano da chi, come me, è curioso di questi argomenti.
D. Fra i tanti misteri dei quali hai cercato di dipanare la matassa, quale o quali ti hanno intrigato di più?
G. Sicuramente Rennes le Chateaux. È un mistero per il quale porto molto rispetto perché racchiude sicuramente qualcosa di grande che forse mi sfugge. Un mistero puramente archeologico, e che mi colpisce sempre tanto e che mi fa pensare, è legato all’Isola di Pasqua: è un luogo davvero particolare e nelle prossime puntate farò vedere qualcosa di assolutamente nuovo, assolutamente sconosciuto. Io sono anche un topo da biblioteca ed ho trovato un volume antichissimo nel quale si parla di alcuni aspetti dell’Isola di Pasqua che sinora non si sono mai saputi.
D. A proposito di Rennes les Chateux… Tu varie volte ti sei trovato, magari per via indiretta, ad affrontare la figura di Cristo: dai Rotoli del Mar Morto al Santo Graal, ai Templari… È mai intervenuta la censura o ti sei mai autocensurato?
G. Mai. Io sono una persona che crede. Non c’è bisogno di censurarsi. C’è solo la coscienza di avere rispetto quando si parla di certi argomenti, e credo che non ci siano problemi quando si fa così. Io ho avuto la fortuna di essere stato, diversi anni fa, il regista di un’intera opera su papa Giovanni Paolo II che ho conosciuto di persona per raccontare la sua vita, le sue opere; questa è stata per me una grande esperienza, non solo professionale, ma anche umana e spirituale. Quando tratto questi argomenti ne parlo con grande rispetto e mai nessuno mi detto di dire o di non dire qualcosa. Quando conduco un’indagine storica, vesto i panni dello storico, parlo di qualcosa dal momento in cui ce ne sono notizie oggettive, e da lì incomincio ad indagare.
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