Sembrano passati secoli da quella fredda e felice giornata in cui si dava inizio regolare alle trasmissioni televisive italiane. 3 gennaio 1954: Mike Bongiorno con il programma Arrivi e partenze cominciava a scrivere la prima pagina di un libro in cui di partenze e di arrivi ce ne sarebbero stati davvero tanti. Poco dopo la Rai-Radio Audizioni Italia (società a cui era affidato il monopolio statale di trasmissione) avrebbe cambiato ragione sociale diventando Rai-Radiotelevisione Italiana e la tv avrebbe fatto il suo ingresso in tutte le case del nostro paese, per non uscirne più. Prima un canale, poi due…mentre le antenne dei trasmettitori (come quello di Milano-Torre del Parco o Roma-Monte Mario) lavoravano sodo irradiando le trasmissioni in modalità VHF (Very High Frequency).
Certo quello della televisione negli anni ’50-’60 fu un avvento stravolgente, attraverso il quale, come spesso succede, l’innovazione tecnologica diede sbocco a grandi fenomeni di mutamento sociale. Poi il disordine legislativo in materia di telecomunicazioni ancora oggi tutt’altro che risolto, non ha fatto altro che alimentare un vuoto incolmabile, un vortice senza freni all’interno del quale alcuni “pionieri” hanno cercato di sconvolgere le regole già dalla fine degli anni ’70, l’epoca del “far-west” delle frequenze, degli assalti al monopolio di berlusconiana memoria, del consolidarsi dei network. Fatti, che se cercavano di porre fine al monopolio statale, tanto forte da far coincidere la storia della Rai con quella della televisione italiana, ci hanno portato dove siamo, ad un sistema televisivo tutt’altro che pluralistico, al cosiddetto duopolio Rai-Mediaset che tanto ha fatto e tanto fa ancora discutere, dove se da una parte si rimane troppo ancorati alle tradizioni dall’altra Costanzo e la De Filippi hanno immobilizzato le trasmissioni con quei quattro format che vanno avanti da anni.
Eppure qualcosa sta cambiando. Mentre ai vertici si progetta la sostituzione del sistema analogico con uno di trasmissione digitale terrestre per i canali nazionali, alcune società hanno interagito per la creazione di nuovi modi di trasmettere e fare televisione. Web-television, tv on demand, pay per view, canali monotematici sono tutti esempi di un mondo televisivo che tende a diversificarsi dal passato soprattutto in materia di rapporti con il pubblico. Un pubblico che non è più soltanto spettatore inerme, ma può interagire, richiedere, scegliere di pagare per vedere un determinato programma. Ed ecco che dopo la parabola satellitare, in men che non si dica il nuovo fenomeno, quello di Fastweb, raggiunge i centri minori oltre alle grandi città, permettendo agli utenti di ricevere una tv a banda larga (tramite fibra ottica o ADSL), diversa nei contenuti e nei modi oltre che nella qualità di trasmissione-ricezione. Allora si parla di convergenza per indicare l’interazione tra settori specializzati in ambiti diversi, il lavoro di squadra per la realizzazione di prodotti competitivi da ogni punto di vista, l’integrarsi di televisione e web, contenuti e tecnologia, operatori e utenti.
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