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ANGELS IN AMERICA
UNA CONTEMPORANEA DIVINA COMMEDIA

Fantasia gay su temi nazionali, prima parte: si avvicina il millennio. Una Divina Commedia per un’età laica e tormentata, all'Elfo, a Milano, dal 23 ottobre al 18 novembre.


Damiano Cristilli

Arriva finalmente a Milano dopo il debutto al Teatro delle Passioni di Modena questo dramma in due atti di Tony Kushner, scritto alla fine degli anni '80 in piena epoca reaganiana.

Il seguito, Perestroika, sarà messo in scena per la stagione 2008/09 nel nuovo spazio finalmente concesso ai Teatridithalia, il Puccini.

Un'impresa titanica, sette ore di spettacolo, più di trenta personaggi, otto atti, 59 scene, un epilogo, scene e battute che si sovrappongono, angeli che volano e ben 71 cambiamenti d'ambiente. dalle camere dal letto alle corsie d'ospedale dal Central Park al Polo Sud.

Questo lavoro venne commissionato a Tony Krusher nel lontano '87, quando Oscar Eutis, regista del Mark Taper Forum di Los Angeles rimase impressionato da "A bright room called day", il suo primo lavoro teatrale, e gli chiese una commedia sull'impatto dell'Aids nella comunità gay di San Francisco, quando ancora la malattia poteva essere vissuta con l’angoscia di una maledizione.

Ambientata poi a New York, la prima parte va in scena nel 1991, la seconda l'anno successivo a San Francisco e dopo tre anni debutta a Broadway con grande successo. Kushner vince il Pulitzer, due Tony Awards e tanti altri premi.

Robert Altman, evidentemente affascinato dall'analogia con il suo cinema che prevede lo svilupparsi delle vicende in modo parallelo, decide di portarla sul grande schermo, spaventando i produttori con un preventivo astronomico.

Questo progetto vedrà la luce solo nel 2003, ma con la regia di Mike Nichols in una meravigliosa versione televisiva della durata di sei ore con un cast stellare (tra gli altri, Al Pacino, Meryl Streep e Emma Thompson).

L’Aids non è il tema di Angels in America, semmai è il motore dei suoi temi nazionali, che sono quello della colpa e quello dell’identità che attraversano razze e religioni, ebrei e mormoni, omosessuali e no. Dove si incontrano anche personaggi storici come Ethel Rosemberg, la simpatizzante comunista uccisa sulla sedia elettrica dalla giustizia americana. O l’avvocato Roy Cohn, un tempo segretario del senatore McCarthy, mandante di quel crimine, cui lo stesso De Capitani dona una grinta feroce da Al Pacino.
Ed è lui infatti, che rifiuta la diagnosi del medico, giacché «l’Aids ce l’hanno gli omosessuali, io ho un cancro al fegato», lui che non cessa comunque di intrigare, la figura di cerniera fra le due coppie dilaniate attorno a cui si sviluppa una vicenda a più piani (sono Cristian Maria Giammarini e Elena Russo Arman, Edoardo Ribatto e Umberto Petranca che con Ida Marinelli, Cristina Crippa e Fabrizio Mattini si dividono anche gli altri ruoli).

Una scena che si identifica con i muri nudi del teatro delle Passioni, i video di Francesco Frongia sono allucinazioni, paesaggi, didascalie.
Pochi gli arredi che servono a delineare gli ambienti delle diverse scene, spesso accostati in una sorta di montaggio incrociato. Il tavolo di un ufficio, un letto domestico e quello d’ospedale, un frigorifero che si illumina e che serve da passaggio per altre dimensioni.

Giacché non si perde ovviamente quell’apparato visionario di angeli e apparizioni in cui si specchia la cruda realtà dei personaggi.



(29/10/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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