Ho acceso la tv e poi il gas sotto la caffettiera, come ogni mattina: le persiane socchiuse, la penombra in cucina e una voce maschile che animava il programma di una rete nazionale. Una serie di frasi sconnesse ma sincere componevano il discorso altrettanto disarticolato di un politico intervistato in studio. La trasmissione affrontava gli ultimi, ma per niente nuovi, problemi sociali: il lavoro dei giovani, la povertà più diffusa, la disparità sessuale nel mondo lavorativo, i sindacati, la pensioni, gli immigrati eccetera eccetera, il futuro.
Nel bel mezzo della discussione l’uomo – una cinquantina d’anni - perde le staffe. Chissà, poverino, l’esaurimento, lo stress, una serata dopo l’altra ospite da tizio e caio, a parlare sempre della stessa solfa… Sviscera oggi sviscera domani il suo vero ‘io’, come quello del caro fumetto ‘Hulk’, cresceva a dismisura: spazzato via ogni filtro diplomatico se ne stava a bocca aperta come un fiume in piena.
“I giovani, i giovani… sempre questi mattoni sulla testa, questa lagna, questo peso sulle spalle! Imparino a cavarsela invece di chiedere soldi a mamma e papà per uscire tutte le sere, pagarsi locali, benzina e vestiti di moda. Imparino a misurare le proprie possibilità coi propri mezzi: via la macchinetta e avanti i mezzi pubblici, via i locali e avanti le case degli amici, via la bella vita e avanti coi sacrifici, avanti con la stessa miseria in cui sono cresciuti i nonni e i genitori. Hanno studiato per migliorare la loro condizione? Non può diventare un problema di Stato: non possiamo mica essere tutti notai e avvocati? Servono pure i calzolai, i falegnami, gli elettricisti. La precarietà… Perché dovrebbe pensarci la classe politica a risolvere il problema? Non siamo precari anche noi, anzi chi più di noi? Corriamo il rischio di durare appena cinque anni per poi essere rimandati a casa se qualcosa non ha funzionato a dovere: concedere favori, fare piaceri, modificare leggi fastidiose, dare concessioni e far vincere bandi e gare d’appalto, segnalare amici, riempire poltrone, essere sempre al servizio di padroni che nemmeno si vedono, baciare notte e giorno le mani a chiunque possa rimandarti nell’ombra da cui sei uscito: ecco cosa succede nella vita dei politici tanto maltrattati. E come è facile per chi guarda la tv da casa - tutte le sere comodamente seduto in poltrona con la pancia piena - chiedere, pretendere, accusare, infangare, urlare che i politici guadagnano troppo e non si rendono conto che il popolo invece non arriva a fine mese. Ci sono tanti poveri Cristi che muoiono ogni giorno di stenti: l’Africa sono cent’anni che la affamiamo… Mandiamo aiuti, facciamo finta di metterci d’accordo, di dargli una mano - gli avanzi!- facciamo i buoni cristiani, mettiamo le facce dei bambini sui cartelloni delle campagne equosolidali, ma sono soldi che non servono, soldi finti che non contano niente. Chisseneimporta della ‘gente’, chi è la gente, chi vi conosce? - continuava a sostenere il poverino davanti agli occhi spalancati dei conduttori. Inutile tentare di fermarlo. Un pazzo in catene. ‘Le donne? Restano inferiori, lo sono da sempre. Vanno bene per fare figli se sono addomesticate, per tutto il resto se mostrano di avere ambizioni improprie. È giusto che facciano carriera quelle non si fanno problemi… Perché il lavoro è un mondo d’affari, è fatto di scambi, si fonda sul commercio, o no? Vogliono lavorare per avere soldi da spendere in vestiti di lusso, scarpe di lusso, creme di lusso o per farsi rifare le unghie: è giusto che paghino. A che serve illuderle che noi le consideriamo uguali? Hanno le mestruazioni! Sono lunatiche, litigano tra loro continuamente, si odiano anche, e chiunque lo può testimoniare. Tra uomini, alla fine, un accordo si trova sempre, ci si capisce, perché siamo più abituati al potere, comandiamo da più tempo: perciò non dobbiamo ‘dimostrare’ niente. Sono pettegole, invidiose, e non giocano a pallone. Che tornino a occuparsi delle proprie cose, a fare faccende invece di pagare le straniere per fare i propri comodi sui loro divani, e godersi i loro figli con tutte le comodità’.
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