Un film sulla breve vita del pianista jazz Luca Flores, tratto dal libro scritto da Veltroni, Il disco del mondo. Vita breve di Luca Flores, un musicista. Morto suicida a nemmeno quarant’anni nel 1995, Flores ha suonato con i grandi del jazz, da Chet Baker a Lee Konitz.
La vita drammaticamente vissuta da Luca Flores viene dipinta senza ritmo nel film di Milani, regista di Il posto dell’anima nel 2003 e di tanti documentari e fiction televisivi. Il ritmo è invece, per la musica, la base di qualsiasi spartito, non esiste composizione a prescindere. Un musicista che suona free jazz (ma non solo), la più libera e cerebrale tra le varianti del jazz, ascolta un ritmo ancora più libero e veloce di altri, anche quando suona lento, ed è quasi una contraddizione dirlo.
La storia ruota intorno alla prima morte traumatica per Luca, quella della madre, in un incidente stradale con lui e la sorella Barbara, interpretata da Paola Cortellesi. La madre di Luca è l’attrice Sandra Ceccarelli, il padre è interpretato da Placido che sembra una pantomima di sé stesso. Luca Flores, particolarmente somigliante, è Kim Rossi Stewart. Le parti più notevoli dell’intera pellicola sono i brani musicali con al pianoforte Stefano Bollani, stella internazionale insieme a Maurizio Urbani, che interpreta nel film il fratello Massimo, sassofonista eccellente, anche lui finito tragicamente per droga.
Su questo tappeto di suoni che si spinge da Rachmaninoff a Miriam Makeba, intessuto dai brani di Flores stesso, la scarna sceneggiatura rappresenta con le immagini l’assenza più totale. Claudio Piersanti e Ivan Cotroneo, insieme a Petraglia e Milani stesso, hanno scritto parti del tutto simili per ogni personaggio. Sebbene il materiale non mancasse, più che dal libro, altro prodotto confezionato e pubblicitario, dalla vita stessa di un artista che, come Chet Baker è passato attraverso crisi assolute. Ed allora tutta la storia di Luca perde forza, lo stesso Kim Rossi Stewart ammutolisce dietro battute secche e senza senso, con picchi di crudezza affatto gratuiti.
Si presagisce quindi lo scopo del film come emolumento ad una profondità che è soltanto stata sfiorata, mancando di quella leggerezza che Calvino ha insegnato essere il valore della verità più autentica.
Amare l'arte è benessere
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