Sicilia, anni '70 - '90. Saro Scardia (Luigi Lo cascio) intraprende la strada del padre, morto in carcere, entrando a far parte di Cosa Nostra attraverso Don Gaetano, il suo padrino mafioso, ma con il passare del tempo si ricrede…
Di film sulla mafia se ne sono visti molti, ma la denuncia nei confronti di questo fenomeno italiano non è mai abbastanza.
Porporati ci propone la Mafia sotto un’altra ottica, quella di un uomo, cresciuto in Sicilia in mezzo ai “padrini”, che dopo aver seguito le orme del padre, mafioso morto in carcere, si pente e decide di cambiare vita.
Che colpa ha un giovane che è stato abituato a vivere secondo le regole dell’onore e in un rigido sistema gerarchico chiamato “Cosa Nostra”? Poteva scegliere?
Saro, interpretato da un sempre più bravo Luigi Lo cascio, diventa il pupillo di Don Gaetano (Toni Gambino), cresce e fa carriera all’interno della “famiglia” mafiosa a cui appartiene, ma più va avanti e più apre gli occhi e scopre cose che prima non era capace di vedere.
Il regista si sofferma sulla “piccola vita” di Saro, sulla sua incapacità di giudicare una realtà in cui è nato e cresciuto, un film sulle sensazioni e sui fatti di un uomo che non ha scelto di essere mafioso ma che alla fine una scelta la prenderà e deciderà di distaccarsi da un mondo che non lo rispecchia più e che forse, nel profondo, non l’ha mai rispecchiato.
“Il dolce e l’amaro”, come dice il padre di Saro l’ultima volta che vede il figlio, fanno parte della vita e Saro cresce con queste parole che gli rimbombano in testa, ma, una volta diventato adulto, una volta che ha aperto veramente gli occhi, si rende conto che nella vita esistono le sfumature e altri sapori. Quando Saro capisce che non esistono “amici e nemici”, che mai nulla è così netto, in quel momento, si allontana dalla sua terra e si crea un’altra vita accanto alla donna che ha sempre amato, Ada (Donatella Finocchiaro).
Porporati, per essere un regista esordiente, questo infatti è il suo secondo lungometraggio per il cinema(il primo è “La luce negli occhi”), ha scritto e diretto “Il dolce e l’amaro” molto bene, limpidamente, esprimendo la sua posizione su questa piaga della società italiana, ponendo l’accento su la quotidianità della vita di un mafioso e non sui grandi fatti, creando nell’insieme un film impegnato ma allo stesso tempo di semplice lettura…un inizio di carriera che, con un po’ di pratica e incoraggiamento, lo porterà lontano!!
Amare l'arte è benessere
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