L’intero corpus della sua opera è paragonabile solamente a quello di pochissimi altri autori nel mondo e, a meno che l’uomo non peggiorerà ulteriormente la sua mediocre condizione attuale, mai sarà possibile interessarsi di cinema, ma sarebbe più corretto dire di arte, senza imbattersi nella monumentale opera di Bergman.
Questa copre quarant’anni di cinematografia mondiale, dall’opera prima Crisi del 1946, passando attraverso capolavori assoluti come Il Settimo sigillo (1956), Il posto delle fragole (1957), La fontana della Vergine e Come in uno specchio (entrambi del 1960), Persona (1966), Sussurri e grida (1973), fino a Fanny e Alexander, che viene considerata l’ultima delle sue 41 opere cinematografiche.
A queste vanno aggiunte una quindicina di regie televisive, tra cui il bell’omaggio al mondo dell’arte teatrale tributato in Dopo la prova (1983), ed oltre novanta regie teatrali. Anagraficamente l’immenso regista nasce ad Uppsala il 14 luglio del 1918 e muore, quindi, il 30 luglio del 2007 sull’isola di Faaro. Ma, sostanzialmente, una pò della sua anima si è fissata per sempre su questa terra diramandosi nell’arte cinematografica, fin quando questa durerà, mentre l’incommensurabile resto si è in qualche modo riappacificata con quell’assoluto al quale anelava. E per noi comuni spettatori, mai come questa volta, è il caso di dire: Addio maestro!
Amare l'arte è benessere
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