Philippe è francese, sposato con una giovane donna e padre di tre figli. E’ diventato allevatore di capre dopo essere stato un professore urbanizzato e scontento. Sceglie Chersogno, un minuscolo paese di montagna del cuneese, per trasferirsi e produrre i suoi formaggi, visto che dove viveva, sui Pirenei, stanno per costruire una centrale nucleare.
Chersogno è un paese (di fantasia) che fa parte della comunità occitana, in Italia presente soprattutto in pochi piccoli comuni nelle valli al confine fra Piemonte e Liguria. Gli abitanti parlano la lingua d’oc, un misto di francese, italiano e spagnolo ed è la lingua prevalente nel film (sottotitolato), oltre a italiano e francese.
Il vento fa il suo giro è la storia del tentativo d’integrazione di un pastore e della sua famiglia in una in una diffidente comunità montana, già minoranza in terra italiana. L’altro da sé, come sempre, spaventa, incuriosisce, attira e distorce. Una storia minimale, ma tutt’altro che buonista, se è vero che delle pulsioni primordiali di un paesino vediamo emergere le viscere. Un rapporto lacerante, una partita compromettente, le cui pedine sono capre, formaggi, mattoni e bastoni, cioè, per la vita di un paese, tutto. E nemmeno questo basterà. Per Philippe e per il paese di Chersogno nulla resterà uguale dopo il reciproco incontro.
Da una parte lo spirito libero di un uomo pacifico e curioso, la cui disillusione intellettuale non ha spento il desiderio di una felicità appartata ma piena. Dall’altra la diffidenza istintiva di una comunità isolata, che vive una convivialità congelata nel tempo e nelle dinamiche. L’incapacità di affrontare l’incontro con l’altro si traduce in conflitti banali, quotidiani, che si gonfiano col passare del tempo.
Chersogno (“caro sogno”, dalla fusione di italiano e francese) è il topos letterario e fiabesco del villaggio che ha il suo matto, il suo commerciante avido, l’artista isolato e saggio, le comari rancorose, il capovillaggio lungimirante (il sindaco), il parroco attento al suo e il giovane che vuole scappare. Ma lo scenario, che eredita il gusto etnografico di Olmi, è del tutto realistico e per niente idilliaco.
Il paese si divide e si ricompatta di continuo sull’atteggiamento da tenere con il nuovo venuto. Diffidenza, benevolenza e ostilità si alternano fra coloro che, come il sindaco e il musicista, pensano allo strano formaggiaio come a un’opportunità di apertura e persino di salvezza del paese, e chi invece se ne sente minacciato, perché, in un paese invecchiato e declinante, un forestiero vitale e di successo, con una moglie giovane e appetibile, suscita invidie.
Ciò che conta a Chersogno per i valligiani è la difesa dell’identità. Un tema attuale e popolare, ma che il regista mette in discussione, rifiutandone l’idealizzazione bucolica. Chi resta identico a se stesso, sempre e comunque, rischia di isterilirsi e di sparire. Anche Philippe difende la sua identità, ma nel senso di coerenza, non di immobilismo. E comunque avrà anche lui le sue storture, nel cercare di difendere le capre, la moglie e le sue idee.
Giorgio Diritti esordisce con una parabola dissacratoria, che sa mantenere l’equilibrio fra rispetto etnografico, commedia e dramma di paese. Le immagini, la sceneggiatura (e persino una certa dotazione di mezzi tecnici) sono già quelle di un film maturo. L’attenzione non cala mai, grazie anche alla credibilità assoluta degli attori, quasi tutti non professionisti presi in prestito dai borghi occitani della zona. E all’uscita dalla saletta in cui l’abbiamo visto, in compagnia di pochi altri, si gode insieme e clandestinamente di questa piccola scoperta.
E allora concludiamo, anche se è un peccato, con qualche noiosa nota distributiva. Il vento fa il suo giro era pronto a ottobre del 2005. Nessun distributore italiano ha dedicato un’occhiata a questa opera prima, autoprodotta da coloro che ci hanno lavorato. Peraltro è la storia di un formaggiaio di montagna: difficile anche solo farci una locandina. Allora, come il vento, anche il film s’è fatto il suo giro: per i festival di mezzo mondo, New York e Londra comprese. Qualcuno lo ha anche vinto, come Lisbona, Tolosa o Bergamo. Migliaia di persone lo hanno visto e apprezzato. Così il film è tornato in Italia, ma i distributori ancora sordi.
Però chi volesse vedere questo film curioso e intelligente si può aggiornare sul sito (www.ilventofailsuogiro.com), che elenca le poche sale d’essai italiane che lo distribuiscono in questi giorni.
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