Cina, Decimo Secolo, tarda dinastia Tang. Alla vigilia delle festività del Chong Yang, l’Imperatore (Chow Yan Fat), torna a palazzo insieme al suo secondogenito (Jay Chou) per passare i giorni di festa con la sua famiglia. Ad accoglierli saranno l’Imperatrice (Gong Li), il primogenito dell’Imperatore (Liu Ye) e il figlio più piccolo. La famiglia imperiale è apparentemente unita, nella realtà molteplici segreti si nascondono all’interno del palazzo e oscure trame tra i personaggi porteranno ad un epilogo sanguinoso.
Le sequenze iniziali del film sono un vero gioiello di regia cinematografica. Il regista (Zhang Yimou), ci mostra le scene dei preparativi delle donne e della servitù a palazzo e, attraverso un serrato montaggio alternato, l’arrivo dell’Imperatore con il suo esercito. Le scene di massa sono egregiamente filmate e montate, esteticamente perfette. Vi è una continua dualità tra sfera privata e sfera pubblica, rappresentata attraverso giochi ritmati di particolari dei preparativi di corte e panoramiche mozzafiato sui dintorni del palazzo, sui cortili e sulla moltitudine dell’esercito al galoppo. La scenografia è ricca e maestosa: sono stati costruiti più di venti corridoi del palazzo, ornati da colonne in vetro colorato, ognuna decorata in maniera diversa; le distese di fiori gialli del cortile reale donano allo sguardo un affascinante effetto immaginifico.
Gong Li (Imperatrice), già protagonista in “Memorie di una geisha”, si riconferma: la sua grazia, fredda e sensuale allo stesso modo, le espressioni sofferte e passionali, ci offrono un’attenta visione sulla difficoltà dell’essere donna in un’epoca in cui il potere era in mano esclusivamente agli uomini.
A differenza di "Hero" e "La foresta dei pugnali volenti" qui non siamo in presenza di un wuxiapian, un film di cappa e spada cinese, in senso classico, perché la componente marziale viene messa in secondo piano rispetto all'intrigo di corte.
Assistiamo piuttosto ad un remake delle tragedie greche, in cui le donne giocano un ruolo focale come nel caso di Gong Li, pronta a ribellarsi al marito che la sta segretamente avvelenando con l’aiuto del medico di corte. Le tinte d’oro, i drappi di seta, il ritmo incalzante delle armi, non bastano, però, a decretare il successo del film. Sfortunatamente il regista sbaglia tutto nelle sequenze centrali, quelle riguardanti lo smascheramento dei piani segreti e le verità nascoste: le inquadrature dei personaggi sono in stretto close up (primo piano), l’interpretazione è esageratamente ricca di pathos, con un uso insistente della mimica facciale.
Se da una parte si avvicina alle interpretazioni dell’antico teatro cinese, dall’altra, sembra di assistere ad una puntata di una fiction americana di medio livello. Un film esteticamente perfetto, ma con una sceneggiatura, scritta dal regista stesso, che, a volte, rasenta il patetico e il ridicolo…peccato!
Amare l'arte è benessere
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