Era l'inizio del 1968: conclusa la Summer of Love, all'apice del movimento dei “figli dei fiori”, stavano per iniziare giorni insieme esaltanti e difficili. Mentre la rivolta studentesca iniziava a espandersi del mondo, in Vietnam si apriva la stagione più sanguinosa con l'offensiva del Tet, di lì a poco Martin Luther King sarebbe stato ucciso e presto sarebbe cominciata una stagione di drammi e disillusioni per le giovani generazioni.
Quanto ai Beatles, avevano raggiunto le vette della loro arte con il psichedelico Sergent Pepper's Lonely Hearts Club Band, erano la band più importante del mondo, ma cominciavano anche a mostrare i primi segni di instabilità come gruppo: morto per overdose di tranquillanti il loro storico manager Brian Epstein, i quattro di Liverpool stavano decisamente prendendo strade molto personali, e nel giro di due anni si sarebbero sciolti.
È in questa situazione contraddittoria, in questa stagione di rivoluzione culturale ricca di entusiasmo ma anche contenente una serie di ombre per il futuro, che i Beatles decidono di passare alcune settimane insieme al guru spirituale più famoso del mondo, Maharishi Mahesh Yogi, in un ashram a Rishikesh, sulle rive del Gange, ai piedi dell'Himalaya.
Un ritiro “dorato”, raggiunto da persone comuni che da tutto il mondo scoprivano le filosofie orientali e la meditazione trascendentale, come da stelle del cinema e della musica: a Rishikesh troviamo anche il cantante Donovan, alcuni dei Beach Boys, Mia Farrow e sua sorella Prudence. Ma è anche un ritiro blindato, alle cui porte premevano torme di giornalisti alla ricerca di uno scoop sui quattro musicisti “più famosi di Gesù”, invano.
Un solo giornalista fu ammesso nel santuario: Lewis Lapham, giovane cronista del Saturday Evening Post, che per lungo tempo aveva fatto ricerche sul mondo delle filosofie orientali – o meglio, del loro incontro con l'Occidente e della loro diffusione presso gli ambienti prima “alternativi” e poi “di tendenza” della East e West Coast americana.
Dall'esperienza di Lapham nasce questo fresco racconto di cosa successe, nel febbraio del 1968, a Rishikesh quando arrivarono i Beatles: I Beatles in India – Altri dieci giorni che cambiarono il mondo, edizioni e/o, 2007. Niente di “trascendentale” forse: fra piogge, cibo cattivo, interminabili sessioni di meditazione, si intrecciano nell'ashram tante storie, che raccontano del rigore di chi giunse in India prima che yoga e meditazione diventassero una moda, dell'arrivo di modelle e fotografi famosi in gran spolvero, delle strategie del Maharishi che con molto senso degli affari e delle pubbliche relazioni sfruttava il successo dei Beatles per diffondere il suo “verbo”, della vita quotidiana nel santuario.
I Beatles sono al centro del libro, ma è soprattutto sulla loro attesa e sulla preparazione al reportage che si concentra Lapham; e quando arriveranno, i Fab Four evidenzieranno atteggiamenti molto personali e diversi rispetto alla loro permanenza alla “corte” del Maharishi.
È vero che a Rishikesh i quattro raggiunsero l'illuminazione? È vero che lì maturò lo scioglimento del gruppo? È vero che il Maharishi era solito insidiare le più giovani ospiti dell'ashram, provocando la disillusione e il sarcasmo di John Lennon (come racconta la canzone Sexy Sadie)? È vero che in India composero alcune delle loro canzoni più famose?
Lapham non risponde a questi interrogativi, preferendo però restituirci un ritratto impressionistico di una stagione fuggevole e importante. Il resto è storia: al ritorno dall'India i Beatles lavorarono al White Album, John incontrò Yoko, e iniziò la fine. Di una band e di un'epoca.
Lapham è bravissimo sia a raccontarci le grandi aspettative, sincere e genuine, che animavano i seguaci del Maharishi, sia le contraddizioni che iniziavano a crepare questo entusiasmo, e la difficoltà di un incontro fra due mondi che nonostante la reciproca attrazione e momenti di vera infatuazione, facevano e fanno fatica a capirsi.
Il ritratto di un particolare momento storico e culturale e insieme un ritratto, sincero e a volte tenero, delle persone, famose e non, che ne furono protagoniste, e che ci viene restituito anche dalle belle immagini di un fotografo canadese, Paul Saltzman, che sono visibili sul sito (vedi link a destra).
Un tuffo nella fine degli anni Sessanta, in un'utopia che segnò un'epoca.
Amare l'arte è benessere
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