E proprio sulla critica, più o meno diretta e graffiante, ai costumi nostrani si fonda anche quel genere che ha costituito la gloria e la fortuna del nostro cinema dalla fine degli anni '50 all'inizio dei '70: la commedia all'italiana, che fra i suoi padri annovera, insieme a Risi, Monicelli e Scola, anche il nostro Comencini.
Il suo risultato più alto in questo genere è forse Tutti a casa (1960): commedia dove si ride, sì, ma si ride amaro sul comportamento degli italiani all'indomani dell'8 settembre, del famoso “tutti a casa” con cui in Italia cominciò ufficialmente la guerra civile. Con Eduardo De Filippo e un Alberto Sordi in una delle sue migliori prove d'attore.
Seguono altri lavori meritevoli di essere ricordati: come A cavallo della tigre (1961), Il commissario (1962), La ragazza di Bube (1963) e un film della serie di Don Camillo, Il compagno Don Camillo (1965). Per questi film, con Risi lavorano alcuni dei più grandi attori del nostro cinema: da Nino Manfredi, a Gianmaria Volonté, a Claudia Cardinale, a Gino Cervi.
E ancora, negli anni '70, mentre la commedia all'italiana tramonta definitivamente, Comencini riesce a regalarci altri film notevoli: Lo scopone scientifico (1972), La donna della domenica (1965), Il gatto (1977), L'ingorgo – Una storia impossibile (1978).
Negli anni '80 i tempi e la società sono definitivamente cambiati, e così il cinema: Comencini non ci si ritrova, e inoltre comincia a soffrire della malattia che lo porta a passare gli ultimi anni della sua vita lontano dal cinema. L'ultimo lavoro di Comencini è un remake di Marcellino pane e vino (1992). Negli ultimi anni della sua carriera ha però “tenuto a battesimo”, cinematograficamente parlando, le sue due figlie registe, Cristina e Francesca.
Ed è Francesca Comencini che, ricordando il padre, ha voluto sottolineare il significato della sua scelta di fare un cinema spesso commerciale, certamente, ma sempre di qualità:
“Quello che mi ha fatto sempre ammirare il lavoro di mio padre è stata la sua chiarezza e attenzione per il pubblico. Il suo impegno alla divulgazione e all'educazione. Per questo non ha mai snobbato i temi popolari e tantomeno la televisione, come invece hanno fatto molti autori. E per questo credo che abbia avuto il grande merito, insieme ad altri, di aver formato non solo degli spettatori ma anche dei cittadini”.
Una scelta che è valsa a Luigi Comencini, per lungo tempo, l'ostracismo da parte di una buona fetta della critica più intellettuale ed impegnata, ma che, dopo tanti anni e tanti cambiamenti storici e sociali, viene oggi pienamente riconosciuta.
Amare l'arte è benessere
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