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Invece tutto è abbastanza chiaro sin dall’inizio, tutto si palesa senza mistero durante il film e senza l’universalità di significati che, in determinati momenti di un melodramma, sono necessari per evitare il piattume che, altrimenti, questo antropocentrismo televisivo provoca. Inquadrature reiterate di volti che sbuffano, che piangono, che si imbarazzano, sequenze di situazioni domestiche ripetitive, monotone, senza sostanza, che non hanno nessun impulso vitale, nessun senso profondo di essere riprese. Così come, a meno che non ci si voglia ancora impantanare con il bigottismo e l’ipocrisia dell’attuale cultura italiana, tutti i presunti problemi sociali, sui quali il regista vuol dire la sua, sono trattati in maniera conformista e reazionaria. Aldilà dell’apparente facciata di progressismo sociale, la scontatezza di valori come il legame di coppia o l’istituzione familiare, seppur allargata, o l’utilità dell’amicizia come antidoto alla precarietà della vita ed alla fragilità dell’individuo sono discorsi triti e ritriti.

Così come ovvia è la constatazione che l’attrazione fisica non possa essere monogamica. Ma risolto il tutto con le banali constatazioni, politicamente corrette, che anche gli omosessuali sono delle persone come gli altri e che, alla fin fine, ci si accontenta umilmente di quello che si ha e se ne fa tesoro, non c’è nient’altro. E l’evento tragico che spacca in due il film non fa altro che mostrarci, nella seconda parte di Saturno contro, che ognuno reagisce diversamente al cospetto del dolore e che, pur con difficoltà, il dovere di chi resta è andare avanti, cercando di sopravvivere con le proprie piccole certezze. Anche questo scontatamente rassicurante. Se è tutto qui, questo laicismo modernista è poca cosa, in assoluto. A meno che non ci si compiaccia di essere migliori dell’oltranzismo oscurantista di determinati poteri temporali. Ma questo non rappresenta una grande soddisfazione, soprattutto per un cineasta, un intellettuale, che, se proprio non vuole interessarsi all’arte, dovrebbe essere comunque all’avanguardia come sguardo sulla società e come forza trainante di sistemi sociali possibili.

L’unico colpo di cinema interessante del film è l’avvolgente carrello finale che tende a sottolineare le precarie individualità umane, anche se la voice off sembra stonare con il senso delle immagini e con l’immanenza terrena del film, ma, forse, anche quest’ultima scelta è in linea con un ateismo moderato e politicamente corretto.



(17/03/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

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