Il tempo indagato sembra essere quello dell’anima della protagonista, Nikki Grace. Un tempo interiore che coinvolge tutti gli aspetti della propria esistenza, da quello privato a quello professionale, come abbiamo detto, ma anche le varie età della propria vita o le innumerevoli possibilità femminili che offre il mistero dell’individuazione. Situazione che convergono tutte nello schermo lynchano e che sembrano legarsi contingentemente alla protagonista, ma anche alludere, in assoluto, alla possibilità universale di manifestazione umana.
Tutto questo è suffragato da diverse epoche che si ripropongono nel presente, da fantasmi – questa volta umani- che tornano ad occuparsi della stessa situazione della loro vita mortale, da esistenze che, nonostante le differenti sessualità e gli antipodi spaziali e temporali che le dividono, si interscambiano dando così un valore metafisico all’eterno ritorno della vita, nelle sue particolari individuazioni. L’elegante atmosfera onirica di Mulholland Drive –la terza citazione di questo film non è casuale, INLAND EMPIRE infatti sembra muovere spesso da quest’ultimo per ampliare quelle riflessioni- è sporcata dal digitale che rende meno nitida l’immagine e dà un risultato meno omogeneo dal punto di vista della qualità visiva.
Amare l'arte è benessere
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