Cinque personaggi sul palco, uomini e donne che, con tono assai concitato, si sollecitano freneticamente a sbrigarsi, non capiamo a fare cosa.
Pantaloni troppo corti e giacchette striminzite, camicette di pizzo e “tappine” (pantofole) fuori luogo. È la famiglia Carollo che si prepara a uscire. È il rito della preparazione per andare fuori, forse al mare o a trovare qualche parente, e allora bisogna fare di tutto per essere “a posto”, eleganti e in ordine.
Ma la concitazione nasconde stasi, abitudine a non agire. Tutto diventa pretesto per perdere tempo. Un “Aspettando Godot” rovesciato, in cui la famiglia protagonista diventa metafora e personificazione di Palermo, la città che ha condannato sé stessa all'immobilismo, mascherando però questo stato di fatto con un frenetico dinamismo che illude circa l'esistenza di un senso e di un obiettivo concreti.
E allora, in questa famiglia-isola, mai penisola, mai ponte, ognuno è isola a sé, avvitato in un suo parlare oscuro, sincopato, precipitoso. Inevitabili gli scontri, quando il gioco si fa pesante, grottesco e violento. Rari i momenti di pietà comune.
Unica verità è invece la morte (quella della nonna), ombra di tutti, con cui si lotta in agitata opera di esorcizzazione, naturalmente vana, che infine blocca in maschere tragiche il volto degli attori, con le bocche spalancate che gridano in silenzio.
La paura di essere giudicati; la gioia infantile di una immaginaria partita di pallone del Palermo; il rapporto con il cibo, fatto di privazione e abbondanza, che si sublima nell'appetito vorace e primitivo per i pasticcini; lo squallore del razionamento dell'acqua, che si trasforma presto in spreco gioioso.
La potenza di queste immagini – come sempre nel teatro viscerale della Dante, regista assolutamente “visiva” – insieme alle musiche attinte dal linguaggio cinematografico, sono di quelle che si imprimono nella memoria e difficilmente si dimenticano.
In un periodo in cui la Sicilia sta diventando sempre più piacevole argomento “esotico” da salotto, dai suoi vini pregiati al mare incantevole, dalla cucina prelibata ai vari Montalbano (che ben venga, per carità...), Emma Dante riporta in scena una sicilianità vera, reale, senza finzioni e orpelli.
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