Doug Carlin è un agente di polizia dell’ATF, il reparto specializzato in Alcool, Tabacchi e armi da Fuoco. Una mattina come tante viene chiamato a svolgere il suo lavoro sulla scena di un grave attentato terroristico ai danni di un traghetto pieno di marinai a bordo.
Un altro caso si intreccia con le indagini avviate per risalire all’attentatore. Ma quando tutto sembra condurre ad un vicolo cieco ecco che una nuova possibilità, una insolita via d’indagine, del tutto inaspettata, permette all’agente Doug Carlin di intraprendere una vera e propria corsa contro il tempo, nel tentativo di salvare una donna e catturare il terrorista.
Tony Scott ormai lo conosciamo tutti per quell’onesto uomo di mestiere che è: un regista capace di dare ritmo e carica adrenalinica alle storie che racconta, storie che necessitano, per loro stessa ragion d’essere, di inseguimenti, sparatorie, complotti e fughe, nonché di complessi congegni tecnologici per permettere ai personaggi di espletare la loro funzione di pedine all’interno di un intreccio narrativo scontato nella sua parabola evolutiva ( situazione di partenza, ostacolo, ricerca di una soluzione, svolgimento del conflitto finale e ripristino di un equilibrio) tutto sommato rapida, indolore e ben confezionata se goduta come prodotto di fruizione immediato e senza pretese.
Tuttavia in questo caso l’assunto di partenza su cui si regge tutta l’architettura del film, pur di inseguire l’imprevedibilità e l’originalità, nonché la suspense e la tensione costante, sacrifica la chiarezza della trama e la verosimiglianza dell’intreccio sin dopo la prima mezz'ora di film, venendo meno a quel patto di onestà sopra decantato del buon regista di mestiere che tanto si preoccupa di soddisfare il suo pubblico, dandogli né più né meno di ciò che vuole e sa di capire.
Il film comincia e prosegue per una buona mezz'ora circa come una puntata lunga di uno dei tanti serial sui reparti speciali di polizia, composti da menti geniali nel condurre indagini e ricostruire crimini. Sembra, in definitiva, essere un thriller sofisticato ma compatto, salvo poi, senza alcun preavviso svoltare di 180° e diventare pura fantascienza.
Ma quel che meno di tutto si può perdonare agli sceneggiatori – tra questi campeggia uno dei nomi più richiesti degli ultimi mesi, ossia Terry Rossio, già autore di script come Shrek e i due Pirati dei Caraibi per intenderci – è di aver risolto la transizione da un genere all’altro nell’arco di un paio di battute nel corso di una singola scena, la quale non è il caso di descrivere, poiché chi vedrà il film capirà subito di quale momento si stia qui ora (s)parlando.
Il film piacerà soltanto a quanti durante tutta la prima mezz'ora non si stanno affatto interessando alle vicissitudini di un Denzel Washington, per l’ennesima volta chiamato a vestire i panni di un poliziotto, a coloro, pertanto, ai quali il “couo de théatre”, che definisce definitivamente la vicenda, apre la fantasia circa nuove modalità risolutive per indagini altrimenti complesse.
La considerazione che questo film fa sorgere all’uscita dalla sala è che negli Stati Uniti l’ossessione demonizzante per il mondo del crimine, includendo in ciò anche il terrore per un qualsivoglia attentato, ha raggiunto livelli di psicosi e paranoia talmente elevati da indurre ad aggrapparsi a qualsiasi fantasticheria pur di esorcizzare ataviche e alla fin dei conti semplici paure; le quali d’altronde ci sono sempre state e dalle quali non possiamo presumere di potercene prima o poi affrancare; qualunque invenzione ci industriamo ad escogitare.
Amare l'arte è benessere
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