Allora la tv ha due problemi. Il primo è che i suoi stessi modelli di business stanno arrivando alla saturazione. Ed è un problema che tocca prevalentemente autori e produttori televisivi. Il secondo riguarda il ruolo culturale della tv: la creatività e persino la finalità del medium più diffuso e influente sono ostaggio delle logiche industriali. Persino Lippi a un certo punto l’ha esclamato.
Ma questa vocazione alla conservazione ormai non fa più gioco a nessuno. La televisione, soprattutto quella dei grandi ascolti, ha la possibilità di ripensarsi ed emanciparsi. Ormai ne avrà persino la necessità. Tanto più che, col passare degli anni, subisce anche un’offensiva esterna da parte dei nuovi media che attirano a sé il pubblico più attivo e consapevole.
Il mercato non aspetta. E resta la vera grande forza di trasformazione. Non è un bel procedere, ma almeno adesso si pretende un cambiamento. Non lo avevano chiesto gli spettatori e non lo volevano gli autori. Ora però i primi si stanno assopendo sui divani e i secondi dovranno impedirlo. Una sfida fra sonnolenti che pure potrebbe portare qualcosa di buono. Rimescolare l’esistente, ibridare le vecchie ibridazioni non si può più. Bisognerà davvero inventarsi qualcosa di nuovo.
Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere
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