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MEMORIE DI ADRIANO, 2007
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Giancarlo Simone Destrero
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Una simbiosi perfetta, che dura da diciotto anni grazie alla mediazione registica di Maurizio Scaparro. Quella tra il bellissimo testo di Marguerite Yourcenar, nella riduzione teatrale di Jean Launay, e la personificazione di Adriano interpretata da Giorgio Albertazzi.
Un’interpretazione toccante che non si riesce ad immaginare diversamente e che si adatta allo stile recitativo cui ormai è pervenuto l’ottuagenario attore toscano. Un campione di tecnica e di impostazione classica, nella tradizione della grande scuola drammatica italiana, che però è ormai lontano da quei vezzi e quei birignao del diaframmatico interprete, per palesarsi in scena con una confidenziale sobrietà che è misura di una lunga esperienza attoriale.
Albertazzi -che è ormai manifestazione carnale del teatro italiano- può permettersi di essere talmente naturale, nella sua immensa sapienza dell’artificiosità tecnica, da subordinare il personaggio alla sua personale vis filosofica, ermetica, senza che il senso dello spettacolo ne risenta assolutamente. La luce dell’eternità lo introduce sul palcoscenico della storia come un’ombra -grazie all’effetto che produce il suo corpo che cammina verso il proscenio tra un faro che punta il pubblico e quest’ultimo- e da lì comincia il suo lungo monologo confessionale ed intimo sulla sua vita.
La vita dell’imperatore. Un’evocazione storica e personale che mette dentro gli avvenimenti del suo regno (dal 117 al 138 d.C.) e gli avvenimenti privati della sua giovinezza, i ricordi degli incontri che lo hanno segnato ed i tormenti pacati nelle riflessioni di un uomo di sessant’anni. I suoi amori, i suoi maestri, le persone che lo hanno conosciuto bene e che lo hanno aiutato a diventare quello che è. Tutti questi ricordi si materializzano in scena; il monologo dell’attore è, infatti, inframezzato dall’ingresso di questi personaggi, alternatamene dal fondo del palcoscenico, con cui si limita a dialogare, in una sorta di incontro intertemporale tra la sua coscienza e questi fantasmi.
Allo stesso tempo lo stesso Albertazzi-Adriano è un fantasma vestito di bianco, che attraversa il tempo e le epoche per rappresentare quella necessità di conoscenza e di ricerca del bello insita nell’animo umano, da sempre e per sempre. Nella splendida parte finale del monologo, egli riflette sull’eterna sostanza dell’uomo che, pur cambiando latitudini geografiche nel corso dei secoli, rimane sempre uguale a sé stessa, nella ricerca di situazioni sublimi che si ripropongono nonostante l’altalenarsi di momenti bui e di decadenza. E si eterna come coscienza di un altrove di sostanza umana, grazie ad un’illuminazione a piombo che lo rende familiarmente spettrale, agli occhi di noi spettatori, che dobbiamo vivere l’immanente ed attraversare il trascendente, ad occhi aperti.
luogo: Teatro Argentina di Roma
quando: dal 10 al 21 Gennaio, ore 21
info: ufficio promozione teatro di Roma: tel 06684000346 – fax 06684000360
biglietteria: tel 06684000345(ore 10-14; 15-19, lunedì riposo), prezzi: da 10 a 26 Euro
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