La Corea del Nord: un nome minaccioso che riempie periodicamente le pagine dei giornali, quando tornano di attualità argomenti come la guerra atomica e il riarmo nucleare. Uno dei componenti dell'Asse del Male, indicato dal presidente americano Bush. Un paese che soffre sotto una dittatura spietata e la cui popolazione da anni muore sotto i colpi di una gravissima carestia.
Questo e poco altro sappiamo della Corea del Nord: anche perché sono molto pochi gli occidentali ammessi a entrare, per ragioni diplomatiche o di lavoro, in questo Paese; e per di più, sono tenuti costantemente isolati e continuamente seguiti nei loro spostamenti, i loro giorni organizzati in modo che della Corea vedano solo quello che i dirigenti vogliono che vedano.
È difficile penetrare in questa realtà così lontana, ed è difficile quindi trovare testimonianze che ce la raccontino: una di queste, e una delle più efficaci, è quella del canadese Guy Delisle, cartoonist del Québec che ha avuto la possibilità di trascorrere due mesi a Pyongyang, la capitale, per seguire la produzione di alcune serie animate occidentali (sapevate ad esempio che moltissimi studios di animazione appaltano gran parte del lavoro di routine a disegnatori nordcoreani, poco capaci ma sicuramente poco costosi?).
Delisle parte per la patria del “presidente eterno” Kim Il Sung e di suo figlio, il “caro leader” Kim Jong Il, con in valigia il romanzo 1984 di George Orwell. Scoprirà una realtà ancora più inquietante che ci viene restituita nel fumetto Pyongyang, edito da Fusi Orari: unico racconto per immagini che finora restituisce impressioni della Corea del Nord, nella sua quotidianità (o almeno, a quella piccola parte di quotidianità a cui uno straniero può accedere).
Il tratto minimalista e il bianco e nero delle matite restituiscono alla perfezione una realtà grigia e claustrofobica, che un occidentale immagina confinata nei libri di fantascienza: eppure esiste davvero in un angolo della Terra a nord del trentottesimo parallelo.
Dal quarantasettesimo piano dell'albergo dove vive confinato, dalle rare passeggiate in città (sempre seguito o preceduto a distanza da guide governative), dalle visite ufficiali ai monumenti del regime, Delisle ha modo di conoscere un Paese dove vige un ipertrofico culto della personalità dei governanti, dove sono stati costruiti inutili mostri architettonici, dove la metropolitana è a 90 metri di profondità ed è pronta a trasformarsi in rifugio antiatomico, dove gli abitanti si offrono “volontari” per ogni tipo di lavoro pubblico e dove misteriosamente la gente sparisce.
Per ritrovarsi, grazie a una semplice denuncia, in campi di lavoro di cui si nega l'esistenza. O dove milioni di persone muoiono di fame senza che il governo voglia trovare una soluzione e senza che le organizzazioni non governative possano dare un aiuto determinante (sapevate che la Corea del Nord è il paese destinatario della maggior quantità di aiuti umanitari del mondo?).
Un paese dove gli abitanti, devoti alla nazione, a Kim Il Sung e a Kim Jong Il (che – come il Grande Fratello orwelliano – occhieggiano da tutti i muri tramite ritratti, e da tutte le giacche tramite distintivi) sembrano essere stati sottoposti a un terribile lavaggio del cervello. E magnificano agli occhi degli stranieri la grandezza e le virtù di un paese a sentir loro ricco, amato e riverito da tutti i Potenti del mondo.
Impossibile per il lettore non porsi la domanda che, ovviamente, l'autore mentalmente rivolge alle sue guide a pagina 75: “Ma ci credono veramente a tutte queste stronzate che cercano di propinargli?”.
La domanda rimane senza risposta. Ma per il lettore occidentale Pyongyang – insieme graphic novel e vero reportage giornalistico – rimane un'esperienza senz'altro rivelatoria, forte e inaspettata.
Pyongyang
di Guy Delisle
ed. Fusi Orari – I libri di Internazionale
176 pagine, € 16.00
Amare l'arte è benessere
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