Probabilmente solo poco tempo fa sarebbe stato impossibile ascoltare alla Scala un concerto come quello cui ho assistito lunedì 6 novembre.
Sotto la triste e rigida egida di Muti, infatti, sarebbe stato improbabile che un giovane grande talento come Gustavo Dudamel potesse essere ospite di una delle istituzioni musicali italiane più famose, per l’appunto, La Scala.
Forse per paura che il pubblico da lui addormentato si risvegliasse imbarazzato al magico suono di altre bacchette? O forse per timore che sempre lo stesso pubblico potesse essere liberato improvvisamente dall’incantesimo che la sua fredda musica “mentale” aveva creato?
Questo non si può dire, di fatto pochi sono stati i grandi direttori ospiti durante la quasi ventennale direzione musicale di Muti del “Teatro” (come la chiamano a Milano).
Finalmente, dunque, sotto la direzione artistica di Stephane Lissner grandi talenti hanno l’opportunità di salire sul podio tanto amato e il pubblico scaligero ha finalmente la possibilità di ascoltare vera musica.
E oggi è successo proprio questo. L’orchestra ha finalmente “suonato” come se fosse un unico, grande organismo complesso che respirava. In programma c’era (e ci sarà stasera) la maestosa Terza Sinfonia di Mahler, 95 minuti di musica di immensa difficoltà e grandezza, che il compositore creò nella sua capanna di legno a Steinbach tra l'estate del 1895 e il 2 novembre del 1896.
E con lo stesso talento, Dudamel ha offerto a un pubblico estatico la sua versione. Il venezuelano 25enne ha dato prova di essere uno dei più grandi talenti esistenti. Nato a Barquisimeto nel 1981, comincia a 4 anni lo studio del solfeggio, dell'armonia e del contrappunto, a cui aggiunge poco dopo quello del violino e della composizione. Nel 1999 è nominato Direttore Musicale dell’Orchestra Giovanile Simòn Bolìvar, una compagnia venezuelana fondata da Abreu. Divenuto pupillo di Abbado e di Simon Rattle, Dudamel oggi è stato “catturato” dalla Deutsche Grammophon con un contratto esclusivo e dall’Orchestra Nazionale Svedese di cui è stato nominato Direttore Principale per la stagione 2007/2008.
Basta una sola parola: straordinario. L’orchestra ha aperto la stagione filarmonica con un nuovo modo di vedere la musica. Dudamel dirige senza partitura, senza “testa”, bensì con quel "quid" superiore che c’è in ognuno di noi, ma che spesso non riusciamo ad usare e tanto meno a dargli un nome. Era presente con tutto se stesso e il suo fraseggiare, la sua musicalità ha invaso la sala, colmandola nei più piccoli anfratti di suoni, timbri, colori, espressione e commozione.
Partecipe di più nature, il giovane sudamericano è di una precisione sconcertante, la sua presenza è dolce e carismatica, giocosa e incisiva allo stesso tempo; in tutto ciò che fa riesce ad essere intenso e profondo. Il suo segreto sembra trovare risposta nella sua natura senza limiti, senza paure, vitale, libera di esprimersi e di manifestarsi. Non europea e non sudamericana, ma fortemente entrambe e non solo. Rara.
Qualcuno, avvicinandosi alla fine del concerto al palco dove Dudamel grato e quasi umile salutava il pubblico, gli ha chiesto “Maestro, ma quanto bisogna studiare per diventare come lei?”. Dudamel sorridendo, risponde “Tanto…”.
Conoscere la forza della musica è benessere
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