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NUOVOMONDO
TITOLO ORIGINALE: Nuovomondo (The Golden Door)
REGIA: Emanuele Crialese
CON: Vincenzo Amato, Francesco Casisa, Charlotte Gainsbourg, Filippo Pupillo, Aurora Quattrocchi
ITALIA/FRANCIA 2006
DURATA: 112’
GENERE: Drammatico
VOTO: 7

Giancarlo Simone Destrero

Petralia Sottana. Una famiglia di pastori dell’entroterra siciliano decide di imbarcarsi alla volta dell’America, guidata dalla volontà del capofamiglia Salvatore Mancuso. Inizia così un viaggio carico di speranze ed illusioni, ma altrettanto pericoloso e gravido di delusioni.

Dopo il fortunato esordio con il film Respiro, Emanuele Crialese sembra avere fatto centro un’altra volta con questo Nuovomondo, premiato a Venezia con il Leone d’argento per la rivelazione. La vicenda è quella di quattro personaggi analfabeti e con scarsi mezzi di sostentamento pastorizi, che decidono, seppur controversamente, di cambiare vita, vendere quei pochi capi di bestiame che possiedono e tentare la fortuna negli Stati Uniti.

Seguiremo quindi questi personaggi, Salvatore, sua madre ed i suoi due figli, che interagiranno, volenti o nolenti, con tutto quello sciame d’individui che hanno preso la loro stessa decisione e si trovano proiettati in un anomalo viaggio di formazione: quello dell’emigrante. Ed anche con esponenti di classi sociali più agiate, aristocratiche, che speculano su quei poveracci, o ambiguamente sofisticate come Lucy, la donna italo-inglese che cerca solo un matrimonio di comodo per poter tornare nel nuovo continente.

Il film lavora su tre livelli di analisi. Quello etno-antropologico, quello Storico, quello strutturalmente perenne di condizione umana nella sua volontà di migliorare la propria sopravvivenza. Già nella sequenza iniziale del film viene messa in evidenza tutta l’arcaicità di un mondo pastorale del meridione d’Italia, con i suoi riti propiziatori, le ataviche scaramanzie, le costumanze magiche. Quest’ultime danno come risultato un particolarismo folcloristico, frutto dell’associazione tra retaggi di cultura pagana e prescrizioni di natura cattolica.

Mentre seguiamo i due pastori che salgono in cima alla montagna scalando rocce con una pietra in bocca, come tributo da portare sulla tomba alla quale chiederanno consiglio, veniamo anche a conoscenza di come, grazie a pratiche stregonesche, la donna più anziana della famiglia guarisca presunti problemi di salute, e subito vengono alla mente le ricerche etnologiche, sui rituali magici del sud, di Ernesto De Martino.

La ricostruzione storica è molto interessante e ci fa vedere dettagliatamente, oltre la condizione di quest’indigente umanità agli inizi del secolo scorso, tutti i rischi di un viaggio pericoloso e lungo, senza protezione sanitaria, con scarsissima disponibilità d’acqua per l’igiene personale, inoltre la scomoda privazione d’intimità individuale dell’assembramento umano nei dormitori ricavati dalle inospitali stive e, soprattutto, il modo in cui questi emigranti erano analizzati, selezionati e infine, se raggiunta la soglia di tolleranza intellettiva, accolti ad Ellis Island, il porto d’approdo al termine di questi lunghi viaggi della speranza.

Tutta la paura per il diverso e l’assurdità di certe pratiche per essere accettati nel paese statunitense sono filmate con dovizia di particolari e con un’ironia che sdrammatizza la bestialità di quei test, che sarebbero poi degenerati nella sterilizzazione delle persone malate ed affette da imperfezioni, o, addirittura, nell’eugenetica nazista.

I finti matrimoni combinati, i giochi da tavolo come quiz intellettivi per poter essere abilitati al lavoro, i test psicologici che sfioravano quasi l’addestramento circense. Infine come non vedere, attraverso una spontanea empatia spazio-temporale, l’attualità costante dei tantissimi viaggi della speranza che dal terzo mondo, quotidianamente si riversano sulle nostrane sponde. Quel che un secolo fa eravamo noi, ora sono gli immigrati che, più o meno clandestinamente, arrivano nel nostro paese, quel che era l’America per noi, ora siamo per loro.

In questo la Sicilia è veramente la metafora più idonea per evidenziare la costante ricerca di miglioramento da parte dell’essere umano, da qui in prevalenza partivano i nostri emigranti, qui in prevalenza approdano i nostri immigrati. Il mondo come patria comune delle strutture eterne della storia della specie umana, e della lotta per la sua sopravvivenza, che si alternano, ma che riguardano tutti noi.

La scelta registica di non mostrare mai gli Stati Uniti, neanche alla fine, ma di fermarsi dentro i centri di smistamento dove si fanno i conti con una realtà che non è mai quella sognata, è una scelta giustissima, perché è il sogno utopico di queste persone che interessa Crialese e che vuole analizzare, la chimera di un paese conosciuto attraverso i racconti leggendari d’oltreoceano che si concretizza nell’immagine, mediata da una delle tante leggende, dei Mancuso e degli altri personaggi che nuotano, spaventati e curiosi, in un fiume di latte.



(29/09/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


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