Qualcosa non va, comincia a non funzionare piu' il meccanismo del reality. Lo zapping settimanale ne offre almeno tre di questi programmi di 'spionaggio' (quelli ufficiali, diciamo, perche' ce ne sono anche di non dichiarati) eppure gli ascolti sono in calo, l'interesse pure. Se ne parla a stento, sempre meno. I protagonisti sono assai poco famosi, molto omologati, si somigliano talmente che a volte ci si confonde, e si scambia un vaccaro della Parietti con un pagliaccio della D'Urso. Cose che capitano.
Non so se ricordate i gloriosi tempi delle prime due edizioni del "Grande Fratello", o la prima de "L'isola dei famosi"… era tutta un'altra storia. Sugli autobus, sulle rubriche social-intellettuali, negli uffici: le persone al telefono non si chiedevano piu' notizie su salute e famiglia, non si invitavano mica a cena. Facevano del pettegolezzo sui nominati e gli eliminati, formulavano ipotesi sul loro futuro possibile, scambiavano opinioni sull'ingiustizia del televoto, sulla credibilita' di certi avvenimenti: fino a che punto la telecamera aveva il diritto di filmare, poteva o no registrare le performance amorose dei concorrenti?
Questi si' che erano interrogativi, punti forti per il confronto, spazi nuovi di dialogo. Coppie su coppie, genitori contro figli si litigava per non voler cambiare canale: era il successo del format appena sbarcato in Continente.
Adesso -gia' dallo scorso anno e ora innegabilmente- il meccanismo si e' incrinato, l'incantesimo si e' rotto, lo spettacolo va avanti senza sentimento. Si annoiano tutti, persino quelli che ci vanno in qualche luogo del mondo a farsi spiare. Si annoia chi e' in studio, e pure gli opinionisti non danno il meglio 'tanto -pensano- chi mi si fila?'. Forse tutte queste donne alla conduzione, come vecchie zie ben tenute da formule chimiche iniettate sotto pelle, non attraggono piu', sono repliche di se stesse negli scorsi anni.
Quante volte si puo' rivedere 'La signora in giallo'? Questa e' la domanda. Fino a che punto l'attenzione resta vigile, a quale numero di replica il divano ha la meglio sul telespettatore. E' vero che cambiano le location, gli studi e il look delle conduttrici ma la struttura che ingabbia giocatori e croupier e' cosi' angusta da non consentire variazioni sul movimento. Risultato: tutto e' immobile, statico, senza respiro.
E poi si sa, il pubblico e' una belva famelica che si stanca presto e si tiene in pugno solo a forza di novita'. L'aveva capito bene Costanzo, che il suo show per vent'anni lo ha fatto fare agli altri, ogni sera personaggi nuovi, in scena come a teatro, mai lo stesso spettacolo. Quando ci ha messo del suo -con l'idea dei ragazzi in forma di sit in- si e' visto crollare il Parioli addosso.
Un po' di autocritica gioverebbe alla formula del reality, se proprio non lo si vuole veder morire. Manca un po' di coraggio, di iniziativa. Ci vorrebbe un matto che in mezzo alla folla degli 'autori' cominciasse a gridare che lui ce l'ha un'idea, una cosa per cambiare qualche regola del gioco, che non bisogna mica aspettare la variante che viene dall'Ovest. Uno che non venga subito messo a tacere, con gli occhi di tutti pieni di imbarazzo e spavento.
Ci vorrebbe un Paese cosi', dove non si preferisse vederlo altrove lo show della realta', dove la curiosita' morbosa non si indirizzasse alle intercettazioni Telecom; un Paese in cui la realta' e la fantasia avessero, almeno sullo schermo, un posto ben preciso, non confondibile.
Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere
|