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Recensione di EMANUELA GRAZIANI
VOTO: 7,5

Diretto dal regista Bryan Singer, che si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica con “X-Men” e “X-Men 2”, “Superman Returnes”, ispirato alla celebre pellicola di Richard Donner con l’indimenticabile Christopher Reeve nei panni di Superman, riporta sul grande schermo, dopo ben 19 anni di assenza, le vicende del supereroe mai dimenticato, l’uomo di Kripton che sapeva volare.

Dalla sua prima comparsa in un fumetto dei Comics nel 1938, Superman è rimasto nella cultura popolare come simbolo universale dell’ideale del genere umano. La sua forza, la sua vulnerabilità e il suo profondo senso di giustizia alimentano questa esistenza perfetta da sempre, l’unica destinata ad essere un esempio per la razza umana. Con stile elegante ma profondamente metaforico, il Superman di Singer si innesta nell’animo umano con forza travolgente, quasi imbrigliabile. Il semi-Dio Kal-EI, inviato dal padre a vivere sulla Terra per ricordare a tutti gli uomini che sono capaci di grandezza, è fotografato dall’obbiettivo “umano” di una macchina da presa attenta a sottolineare nelle movenze, nell’atterraggio e nell’ascensione in verticale, un chiaro riferimento cristologico all’amore e al sacrificio.

La pellicola di Singer trova numerosi punti di forza a partire dalla messa in scena delle debolezze di Superman, tanto da insinuare nell’eroe dall’essenza perfetta, l’esistenza di una profonda vulnerabilità ai sentimenti e alle passioni umane, un espediente molto valido nel descrivere il coinvolgimento tattile e amoroso del supereroe con la specie umana. L’estrema intensità con cui Kal-EI osserva i movimenti del viso e delle labbra socchiuse di Loris Lane, la donna amata, richiama alla mente le parole che furono di Marlon Brandon nei panni di Jor-EI nel film di Donner: “Anche se sei stato cresciuto come un essere umano non sei uno di loro. Sono un grande popolo, Kal-EI. Vorrebbero esserlo. Ma non hanno la luce che illumini loro la strada. Per questo soprattutto, la loro disposizione al bene, che ho mandato te….il mio unico figlio”.

Nell’affermare la sua unicità e, al contempo, la sua diversità dagli esseri umani, Superman porta sulle sue spalle il fardello di un mondo disinnamorato ma ancora fiducioso, che non ha smesso di sognare il ritorno in un tempo migliore per tutti i popoli del mondo. Le scene notturne dell’eroe in volo nei cieli di Metropolis, la città che tanto ricorda l’aspetto visionario della New York post 11 Settembre, sembrano, per la loro fotografia avvolgente ed onirica, rubate al vento e a quella tiepida brezza che sussurra parole di speranza.

C’è allora qualcosa di straordinariamente ipnotico nella figura dell’eroe più celebre del globo, nel suo apparire e scomparire tra le stelle e i pianeti del sistema solare, tanto da ricordare quella galassia oltre la quale non ci è dato osare. Un film da vedere per il suo spiccato senso umano e sociale, per l’aspetto più propriamente spettacolare e visivo, ma ancora di più per chi scrive e tutti coloro che da tempo aspettavano il suo ritorno.



(05/09/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


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