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TELEVISIONE: CONVITATO DI PIETRA O DORIAN GRAY?
10 GIORNI SENZA…

Cosa si arriva a capire grazie a qualche piccolo, fastidioso imprevisto.

Daniela Mazzoli

Mi si è rotta la tv. Una sera rientrata a casa, ho spinto il tasto del telecomando e niente. Si sentiva solo l’audio ma sullo schermo nulla, nessuna immagine. Ho provato e riprovato, anche col pulsante manuale. Le ho dato un paio di colpi, così, alla Fonzarelli, hai visto mai…

Non potevo crederci che da un giorno all’altro quella mi avesse abbandonato. Non c’era spiegazione eppure mi dovevo rassegnare. Dopo appena un anno, a un giorno preciso di scadenza dalla garanzia, ho dovuto rimballarla, cercare a fatica di rinserirla nello scatolone originario –non si capisce perché un oggetto che esca da un contenitore non possa poi rientrarci!- e l’ho portata a riparare.

In assistenza mi hanno detto che non sanno cos’è ma ci vorranno una decina di giorni se tutto va bene… Penso che sarà dura ma ce la farò. Alla fine ho tante cose da fare, qualche amica. Posso sempre andare al cinema, a mangiare una pizza, a trovare qualcuno che mi pento di non vedere abbastanza, concludere tutte le letture lasciate a metà. Penso, anzi, che forse dieci giorni potrebbero essere persino troppo brevi per fare tante cose, che forse mi dispiacerà veder tornare in casa così presto l’ospite a schermo piatto.

Vado a vedere Volver, vado a magiare una pizza con un vecchio amico, che è pure un amico vecchio e mi rimetto a leggere dopo dieci anni dalla data della dedica ‘Lettera a un giovane poeta’. Ho anche un giorno di vacanza da passare un po’ in casa e mentre ripiego le lenzuola e sistemo le riviste sento che ai miei gesti manca qualcosa.

Non ci penso e vado avanti. Mangio una mela, faccio qualche telefonata. Metto su Norah Jones e poi un cantante di Fado. C’è uno spazio diverso intorno, un silenzio vero. Eppure ogni tanto mi giro in quella direzione istintivamente, anche se non c’è niente. Al posto della tv ci ho messo una pianta di Potmos, che arriva fino a terra ed è molto verde.

Una bella presenza, certo più espressiva di tante facce in tv, eppure continuo a voltarmi, mi rendo conto di trovarmi spaesata in casa mia, e mi muovo come se mi aspettassi delle voci, di vedere gambe e sorrisi e doppiopetti, sommari di telegiornali.

Conosco i programmi della giornata, so cosa troverei alle due del pomeriggio, alle otto, alle undici di sera. Non è di un volto qualunque che vado alla ricerca, o di un rumore di sottofondo che ho bisogno. Mi rendo conto che è il coro che mi manca, qualcosa su cui fare il commento, qualcuno a cui fare il verso: il confronto –purtroppo passivo- col mondo.




  
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