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ARRIVA IL TEMPORALE DI STRINDBERG
Arriva al teatro Argentina di Roma il capolavoro dei cosiddetti drammi da camera di August Strindberg, per la regia di Enrico D’Amato che ripropone, a suo modo, l’adattamento storico di Giorgio Strehler. La versione scenica che fu allestita per la prima volta nella stagione 1979/80. Al Teatro Argentina di Roma fino al 14 maggio.

Giancarlo Simone Destrero

Questo importante testo del drammaturgo svedese viene messo in scena all’interno di una straordinaria scenografia che è la vera protagonista dell’unico atto di questo spettacolo teatrale. E non certo perché gli attori siano mediocri, tutt’altro!

Franco Graziosi ed Umberto Ceriani sono perfetti nell’interpretare i due anziani fratelli, personaggi principali dell’opera, che condividono lo spazio di questa riflessione esistenziale, immobilizzata in un tempo domestico che sembra scorrere perennemente uguale a se stesso, solipsisticamente ignaro del mondo fuori di esso. Un mondo che, se si resta nella propria piccola, misera, chiusa sfera privata può anche essere interpretato, come fanno i protagonisti con i vicini di casa che non conoscono, nel peggiore dei modi possibili, come l’idea del dramma di sangue che suscita in loro la luce rossastra che proviene dai lampadari del primo piano.

La suggestiva scenografia lascia intendere molto di quello che non viene detto sulla scena, ed inoltre è il riflesso ineffabile della condizione dei personaggi sulla scena. Una immensa parete di plexiglas sullo sfondo, dove si specchiano gli attori e attraverso la quale si intravede, inquietantemente, l’agito nulla domestico riprodotto sulla scena, è la facciata del palazzo dove vivono questi uomini e donne, che vengono ad oziare e discorrere nel cortile antistante.

Sulla sinistra, rialzata di un gradino rispetto al proscenio, c’è una panchina con lo schienale rivolto verso il pubblico dove chi si siede, vi è quasi sempre qualcuno nello sviluppo della messa in scena, recita dando le spalle alla platea, contribuendo così ad un senso di distacco e di fruizione straniata dell’opera, quasi un miraggio, un eterno ritorno della solitaria condizione senile umana, da analizzare freddamente, da elaborare lentamente. Sulla destra la riproduzione esterna dell’appartamento del signore, un funzionario in pensione, dove un tavolo, un pianoforte ed un comodino con telefono fanno da spoglio arredamento.

La scacchiera sopra il tavolo, che vede spesso avvicendarsi i giocatori, sembra allargarsi fino al pavimento, grazie a delle mattonelle alternatamene bianche e nere, per lasciare che i pezzi umani che si muovono sopra di esso siano agiti da un gioco di regole ben determinate, ineluttabili. Al centro della scena, a fianco della panchina, una scala interrata dove si scende nel laboratorio del pasticcere Starck, che spesso interloquisce con i due fratelli nei momenti di pausa dal suo lavoro e dalle preoccupazioni familiari, sulla moglie e sulla figlia, che lo impegnano.

Tra la panchina e la facciata di plexiglas, un viale di lastre di pietra che fugge verso sinistra, aldilà del nostro orizzonte scenico, verso una luce. Una luce dopo il tanto atteso, ed ora incombente, temporale di fine estate che rinfrescherà l’aria ed aprirà la stagione autunnale. Nell’attesa di questo temporale il funzionario in pensione, con l’aiuto, a volte ambiguo, del fratello procuratore, avrà modo di riflettere sugli spettri del proprio passato che agitano il presente e che, come la moglie, torneranno ad animare la scena.



(05/05/2006) - SCRIVI ALL'AUTORE


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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