Si è disposti davvero a tutto pur di entrare, anche se solo per due ore, in quel mondo così affascinante e ormai non così misterioso chiamato Tv? Questa scatola nera parlante richiama a sé migliaia di attori improvvisati, improbabili concorrenti per altrettanti improbabili programmi, spettatori quasi non più pagati ma paganti.
La televisione è cambiata. Per dimostrarlo basta fare un po’ di zapping. Basta una serata, basta una tv a colori e un telecomando e tutto è pronto. Il telecomando… Oggetto elettronico creato per essere un po’ più pigri e sicuramente più comodi (se non ci fosse, immaginiamo quanta ginnastica simil-step saremmo costretti a fare ogni volta per cambiare canale!), ma anche un simbolo di pluralismo mediatico.
Non più venti minuti al giorno come il caro e vecchio Carosello anni ’50, pochi attimi di sera per uno o due sketch (la famosa rèclame) all’insegna della novità, dello svago e della curiosità. Neanche menti eccelse come Totò, Gassman, Sergio Leone e Macario avrebbero immaginato un’offerta di canali talmente vasta e dispersiva come quella di oggi. Una varietà per certi versi imbarazzante per chi ha considerato per decenni la televisione come una nemica delle menti, un’avversaria della civiltà e del buon costume, un concentrato di messaggi nocivi e propagandistici (e chi può negare ciò?). Eppure la televisione, è stata anche propulsore di una alfabetizzazione mediatica di non poco conto; alfabetizzazione che, già negli anni ’60 con i primi programmi televisivi come “Lascia o Raddoppia?”, marciava a suon di quiz e domande su temi a cui rispondevano sia il concorrente che lo spettatore da casa.
La tv parlava in quegli anni un linguaggio pulito, un italiano doc. Il dialetto, soprattutto in televisione, lasciava il posto ad una lingua corretta, liberata da suoni e linguaggi provinciali. Il telespettatore rimaneva tale: non pretendeva né chiedeva così insistentemente di entrare in questo nuovo universo così affascinante ma ancora così poco conosciuto. Rimaneva lì, di fronte alla “scatola parlante”, assorto e sedotto da parole e immagini che provenivano dallo schermo. Non chiedeva niente di più che ammirare il nuovo mezzo di comunicazione.
La Tv cambia, e con lei in modo graduale cambia l’utente di tutti i giorni. In “Lascia e Raddoppia” i concorrenti (prima spettatori) sono come “Eroi”, che conoscono le risposte dei quiz e vincono premi da capogiro. Negli anni gli spettatori-concorrenti diventano, all’interno del mondo televisivo persone normali. E’ negli anni’80 che, con le prime puntate del famoso programma “La Corrida”, le persone cominciano a metterci la faccia, nel vero senso della parola. Spavaldamente solcano la scena televisiva per improvvisarsi attori, cantanti, cabarettisti; sono persone “normali” che a spregio della quotidianità che vivono, tentano la strada più facile - ma sicuramente imbarazzante - del successo.
Il passo verso l’avvento del gran fenomeno, "quasi di massa", dei Reality Show (non basterebbero tre righe per elencarli tutti) è breve. Qui i concorrenti non ci mettono solo la faccia, e gli spettatori diventano giudici delle sorti dei partecipanti. Concorrenti, spettatori e presentatori vivono tutti la stessa esperienza, le stesse emozioni, lo stesso spettacolo. Non ci sono più barriere tra chi vede, chi partecipa e chi presenta. Tutti possono essere eroi televisivi, come i partecipanti del già citato programma di Mike Bongiorno. Tutti possono, ma fortunatamente non tutti ce la fanno, entrare in uno studio televisivo.
E così una trasmissione nata da qualche settimana sulle reti Mediaset, “Distraction”, dà la possibilità a giovani esuberanti, e non solo, di poter parteciparvi, in cambio di prestazioni acrobatiche a volte pericolose e spesso divertenti, filmate rigorosamente con videocamere portatili: in fondo chi vuole apparire deve scendere necessariamente a compromessi. Teo Mammucari s'inventa un nuovo pubblico: un pubblico né pagato, né pagante, un pubblico forse un po’ pazzo e fantasioso. S'inventa anche, uno spettatore che prima ancora di partecipare al quiz ha dovuto filmarsi, magari in caduta libera su un carrello per la spesa giù per una scarpata. Dopo essersi posizionati davanti ai classici tasti per la risposta come nel più classico dei quiz, i partecipanti sono distratti nei modi più bizzarri e particolari. Dopo estenuanti prove al limite del paradosso, torte in faccia, solletico sotto i piedi, percosse e distrazioni varie il vincitore riesce ad aggiudicarsi un’automobile tutta nuova, in parte distrutta in caso di mancate risposte nel gioco finale.
In casi eccezionali ci si può cimentare in programmi dove la faccia e la dignità personale non vengono compromessi, è così che Italia 1 propone un programma non del tutto originale, “Frankestein”, dove i concorrenti possono essere trasformati in ciò che non sono per un giorno, per non farsi riconoscere da parenti e amici. I più critici si chiedono: Qual’è la finalità della trasmissione? Quanto di psicologico può essere studiato?
Non ci sono motivi particolari per stare davanti ad una telecamera: emulazione, curiosità, sogni di fama. Ma discorsi e riflessioni sulla penuria culturale che si annidano dentro uno studio televisivo, sono stati fatti e riproposti da critici di ogni parte. Forse così preoccupante non è, la situazione televisiva italiana; forse riflettendoci su c'è una marcata sottolineatura delle caratterizzazioni personali di pubblico, concorrenti e presentatori; forse l'avvento del Grande Fratello, il Reality per eccellenza, ci ha guidato, o meglio ha guidato gli addetti ai lavori, ad orientarsi su un tipo di televisione nuova rispetto ai vecchi programmi di varietà. Magari anche questa Nuova Televisione comincerà, tra qualche anno, a cedere il passo ad un nuovo modo di fare e vedere Tv, ma bisognerà sicuramente aspettare prima di dare un giudizio.
Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere
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