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IL CONSOLO
La Compagnia Teatrale Teatro di Legno con il sostegno di Sosta Palmizi _ progetto Junge Hunde presenta Il consolo, spettacolo scritto e diretto da Luigi Imperato e Silvana Pirone. A Roma il 6 aprile e in versione integrale il 27 e il 28 maggio 2006 presso il Nuovo Teatro Nuovo di Napoli.


Lo spettacolo “accade” durante una veglia funebre: la notte del rito.
Un rito del dolore dove insieme al lutto convivono momenti comico-grotteschi che, pur non risolvendo il dramma, si pongono come atti di celebrazione ironica in nome di un’angosciosa ma consapevole accettazione. Il rito diventa a tratti festa, baldoria, ma pur sempre tragica.
Il consolo è cibo. E’ alimento consolatorio offerto in dono al luttuato. E’ rito da consumare, consumando così il dolore della perdita della persona cara... Ma quanto caro è un padre incestuoso?

Beatrice Cenci, figlia del conte, subisce violenza e con violenza reagisce. Ma per coprire il suo delitto è costretta a piangere la morte del padre. È parte sconvolta di un rito che aspirerebbe all’oblio, ma non riuscendo a dimenticare cerca un modo per evadere dalla sua colpa. Cerca una giustificazione nelle parole della Bibbia e nell’atto “tirannicida” di Giuditta, cerca carnevalescamente una soluzione capovolta e distaccata del dramma, ma il gioco intorno alla sua storia esplode in un grido di verità. Cerca invano di affidarsi alla volontà divina, ma nel suo volto si legge la disperazione di un dolore irrisolto.

Lo spettacolo andrà in scena il6 aprile alle ore 21, all’interno della rassegna MarteLive, presso il ClubZero: Via delle Isole Curzolane, 75 - Roma. Ingresso: 4 €.


Note di regia

Lo spettacolo nasce dall’esigenza di confrontarsi con stimoli differenti legati al tema della morte ed ai valori che ad essa vengono assegnati dall’uomo. La nostra volontà consiste nell’attraversare la tragedia classica e trasgredirla attraverso le nostre domande e la nostra memoria. Il risultato a cui siamo giunti è una rielaborazione della storia (mythos) della vicenda dei Cenci, già narrata da Dumas, Steandhal, Artaud. Abbiamo voluto trasferire la vicenda che narriamo in uno spazio e in un tempo indefiniti (non dovendone dare un resoconto storico ma una trasfigurazione simbolica), e abbiamo voluto comprimerla in una notte di veglia funebre. Abbiamo voluto far diventare la tragedia rito, un rito però non condiviso e non basato su valori comuni, bensì su vuoti, dubbi e disorientamenti.



(04/04/2006)


Amare l'arte è benessere

  
  
 
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