Sembra persino inutile ricordarlo, ma viviamo nell’era dell’interattività. Questa, a parere dei più giovani e degli esperti, è certamente la grande conquista, la grande svolta del secolo in corso. Si vota con un telefonino per far “uscire dalla casa” qualche antipatico volto del famoso reality, si fa beneficenza grazie all’invio di un sms, si può sapere in tempo reale dal Ministero delle Politiche Agricole quali sono i prezzi del mercato ortofrutticolo in tutta Italia. Basta inviare un messaggio.
Da qualche giorno è iniziata fittissima la presenza di politici in tv. Molte sono state e saranno le polemiche intorno al numero di interventi per ogni parte e partito, i controllori vigileranno sugli eccessi, sugli sfori, sulle “illegalità” mediatiche.
Gli uomini del Governo e dell’Opposizione cercano di partecipare alla vita televisiva già da una decina d’anni in modo serissimo mirando al riconoscimento elettorale e, in sostanza, a una sicura popolarità. Ma la politica, che nasce come attività sociale, una volta in tv viene del tutto espropriata di questa sua essenziale funzione.
La società non è più parte in causa, viene del tutto estromessa dal discorso, si riduce ad essere –nel migliore dei casi- l’oggetto di una discussione che la riguarda ma alla quale essa non può prender parte. Nessuno diventa, infatti, spettatore tanto passivo come quando dall’altro lato dello schermo ci sono dei politici in poltrona.
Si è un po’ costretti a subire tutti i problemi e gli alterchi che gravitano intorno alla loro presenza in tv –chi accetterà di parlare con chi? quale trasmissione si rifiuterà di invitare qualcuno? le donne in Parlamento sono abbastanza rappresentate?- senza poter poi dire la propria su nessuna di queste vicende.
La questione si fa più complessa poiché la partecipazione televisiva di onorevoli e candidati non si limita ormai ai programmi di approfondimento e a quelli di carattere giornalistico. Tutti, ma proprio tutti, hanno capito che è lì –altrove- che si concentra il “grosso” del pubblico, la popolazione media, quelli dei cui voti si ha necessità. Il popolo è sintonizzato su altri canali, il popolo vuole ridere…
E dunque dalla De Filippi, a Bonolis, dalla Pivetti alla Clerici prima o poi, abbiamo assistito e assisteremo al varietà para-politico. Come in una sorta di piccolo equivoco sono sempre di più gli uomini dello Stato che esibiscono in tv la propria vita, la personalità, le mogli, gli affetti, la privacy. Perché è così che si avvince il popolo, con il racconto dell’intimità, come fosse un tipo di telenovela.
Sarebbe bello, allora, che proprio come accade per i reality o per le gare di ballo si potesse esercitare appieno il diritto di partecipazione. Davvero. In tempo reale. Gli italiani hanno da tempo più telefonini che libri sugli scaffali e possono quindi finalmente tornare all’attivismo politico.
In diretta, mentre il conduttore e i direttori di quotidiani sono lì a cercare di dire le cose nel modo meno aggressivo e più cordiale, mentre sono tutti lì che imparano la civiltà raffinata e un po’ inutile del salotto entrare in onda con una telefonata. Prendere il coraggio a due mani e far loro una semplice sciocca domanda. Ognuno ne ha almeno una con sé, che vorrebbe porre, per superare la fatica di un lunghissimo rassegnato silenzio. Potrebbe essere un inizio.
Capire, criticare, divertirsi, non assuefarsi è benessere
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