Lunedì 10 giugno 2004 ore 13:00; è iniziato l’avventuroso viaggio settimanale nei cinema milanesi per assistere alle proiezioni dei film di Cannes.
Una rassegna come sempre interessante soprattutto per la ricca e stimolante sezione “quinzaine des realisateurs”. Pochi i lavori italiani in vetrina ma degni di nota. Difficile invece giudicare le opere in concorso dato l’esiguo numero di pellicole proposte (per l’attesissimo Fahreneit 9/11, tra l’altro, dovremo aspettare il 27 agosto p.v.).Ma non importa poiché non sono mancate le sorprese come il tarantiniano Park Chan-Wook con “Old boy” e conferme come il bellissimo “Comme une image” di Agnès Jaoui. Di seguito un anticipo dei film che auspichiamo vengano prossimamente distribuiti nelle sale. Cominciando dalla selezione ufficiale ricordiamo la seconda opera della regista argentina Lucrecia Martel “La nina santa”, uno sguardo sul complesso mondo dell’adolescenza femminile alla scoperta dei primi turbamenti sessuali. Romantico e leggendario “Diarios de motocicleta” di Walter Salles, il regista di “Central do Brasil”, racconta il viaggio autobiografico dei due amici e compagni di studio Alberto Granado ed Ernesto Guevara, il futuro comandante “El Che”. Non è mancata la commedia divertente dei fratellini Cohen (in versione italiana, ahimè) che, un pò meno geniali del solito, si sono avventurati nel remake del celebre “La signora omicidi”. “Gran premio della giuria” il sanguinolento “Old Boy” del regista Park Chan-Wook (memorizziamo il nome) che su un ordito di stampo tarantiniano ben riesce ad intessere una trama dai colori tragici; davvero imperdibile. Infine l’intenso “Comme une image” di Agnès Jaoui (ricordate la sceneggiatrice dell’indimenticabile “Il gusto degli altri”) dall’impianto fortemente teatrale e che ancora una volta ci parla della nostra piccolezza di umani sempre in cerca di attenzioni e conferme.
La sezione “quinzaine des réalisateurs” ci ha riservato non poche sorprese. Prima fra tutte il rigoroso documentario “MUR” dell’arabo-israeliana Simone Bitton; non solo una profonda riflessione cinematografica sull’irrisolto tema del conflitto israelo-palestinese ma anche un segnale di speranza sulla possibilita’ di abbattere i numerosi muri tra due popoli desiderosi di pace e non adeguatamente rappresentati dagli attuali governi in carica. “Machuca” film del regista Andres Wood e dedicato a padre Weir (nel lungometraggio si chiama padre McEnroe) ci accompagna, con grande maestria, nella tremenda guerra cilena del 1973, anno del golpe militare , attraverso la storia di un’amicizia fra due bambini esponenti involontari delle due classi sociali in conflitto: il proletariato delle favela (Machuca appunto) e l’agiata aristocrazia dei quartieri alti (Gonzalo).Il torbido “Je suis un assassin” dalla trama complessa e deludente come del resto “Venus et Fleur”, citazione continua dell’indimenticabile “Reinette et Mirabelle” del grande maestro Rohmer.
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