I critici le chiamano Metamorfosi. Sono l’ultimo periodo pittorico di Georges Braque. Quello che va dal 1961 al 1963, anno della sua morte. Il pittore francese, presentendo la propria fine, volle trasformare le sue opere più importanti in realizzazioni tridimensionali. Ma, non potendolo fare direttamente, a causa della malattia, prepara 110 gouaches, chiedendo all’amico, barone Heger De Loewenfeld, maestro gioielliere, di realizzare da quei bozzetti una serie di creazioni: gioielli, sculture, incisioni, arazzi. Quella che Dora Vallier aveva definito la “sua fierezza da artigiano” lo sostiene fino all’ultimo. Visto che le opere prodotte, circa 200, risultano tutte di eccellente qualità artistica. Oggi, il pubblico può ammirarle - per la prima volta dopo circa 35 anni - esposte presso la galleria Matalon di Milano fino al 26 novembre, nella mostra curata da Armand Isräel. Tra queste da segnalare Hérmes, che riecheggia le opere del periodo cubista-analitico, di cui predispose una gouache per poterla realizzare in forma scultorea. Oggi è l’unica opera cubista di Braque ancora esistente.
L’enigma degli uccelli in volo
Braque, pioniere dell’arte moderna, che insieme a Picasso, aveva creato il cubismo nel lontano 1908, nell’ultima parte della sua vita, continua a illustrare la realtà attraverso il prisma delle nuove leggi che spezzano il metro canonico della rappresentazione. Certo, si fa sempre più autoriflessivo, ma ciò non gli impedisce di spingersi verso l’elevazione dello spirito che, attraverso la materia, egli sa impregnare di sentimenti, colori, emozioni, pur rimanendo fedele ai suoi ideali astratti. Su tutti, prevale in queste ultime opere il simbolo dell’uccello in volo. Un terzo delle sue gouaches riproduce ossessivamente questa immagine. Che cosa sta a rappresentare nel mondo pittorico di Georges Braque lo stilizzato uccello che vola? Molti critici se lo sono chiesto. Le interpretazioni fornite sono cariche di ovvi simbolismi. Quegli uccelli che attraversano le sue composizioni sono figure di libertà, certamente, ma anche forse di distacco dalla vita. Distacco che per l’artista si fa sempre più vicino e minaccioso. Forse, aveva ragione lui quando diceva che se il compito della scienza è quello di rassicurare le persone, l’arte, al contrario, ha quello più inquietante di turbare gli animi.
Fondazione Matalon
Foro Buonaparte, 67 Milano
Orari apertura
dal lunedì al sabato 10-13 e 14-19, ingresso libero.
Amare l'arte è benessere
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