Circa un anno fa, mentre due tra gli uomini più ricchi del mondo si incontravano per decidere che le sorti del pianeta sarebbero dovute peggiorare, un memorabile servizio del Tg2 dondolava compiaciuto tra le scarpe e gli abiti firmati delle rispettive sorridenti signore, vestite a festa per un giorno tanto importante. Era forse uno degli allarmi più eclatanti di come stavano e stanno le cose. La nostra informazione, quella televisiva di sicuro, ha la febbre da troppo tempo.
Nessuno chiede più il silenzio per ascoltare, nessuno vede più attraverso l’occhio aperto sul mondo che ora sembra solo assonnato, spogliato dal ruolo originario di rappresentante. Così le immagini del tg scivolano tra le chiacchiere della credibilità, perduta insieme all’onore di essere stato il figlio più prodigo del radiogiornale di una volta.
Il tutto ha un nonsoché di medioevale, senza il fascino del medioevo. La notizia si ripiega su sé stessa, a seguito di chissà quali pressioni di chissà chì, abbondando in ricami e imprecisioni. Al pubblico non è concesso capire, solo afferrare nelle cianfrusaglie qualche frase, farfugliata male, tagliata a metà, bisbigliata confusamente. E poi sì, quest’anno l’estate sarà calda, già si affollano i litorali, ore di traffico per il rientro dal ponte del 2 giugno e tanta cronaca.
Talmente tanta che lo stesso telegiornale sembra essere diventato una caserma dei carabinieri: multe ai bagnanti per aver acquistato borse dai ‘vucumprà’, genitori e figli che si uccidono, incidenti stradali comunicati solo la domenica mattina, furti, rapimenti, violenze e criminalità. Addirittura ogni tanto muore qualcuno in Iraq, rigorosamente per attentati terroristici delle bande locali.
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