Le Scuderie del Quirinale ospitano, ancora fino al 19 giugno 2005, una piccola parte della vasta collezione di Salomon e Peggy Guggenheim, nonno e nipote con una passione in comune: l’arte del proprio tempo.
Così, facendo una breve passeggiata in dieci sale, si ripercorre il cammino delle avanguardie del Novecento, dagli Impressionisti alla Pop Art. Cento anni di storia dell’arte in un’ora di visita.
Ma cosa è successo da Manet a Warrol? Al visitatore laico qualcosa sfugge, qualcosa sembra non funzionare. Capisce le prime due sale, alla terza comincia a sentire che il linguaggio è cambiato, alla quarta avverte una lieve perplessità e poi si arrende al nonsenso. Perché?
Quel che generalmente si vuole, quel che ci si aspetta da un’opera d’arte è che produca una cosa bella, un bell’oggetto: un paesaggio, un ritratto, una natura morta. Purché sia un concetto accessibile, riconoscibile, ben riprodotto -come se l’arte fosse una questione di pura abilità, come se il pittore fosse un artigiano del colore. Perciò molti visitatori apprezzano facilmente l’arte figurativa e inorridiscono di fronte all’astrattismo, al cubismo, all’action painting.
Eppure Manet e Warrol hanno molte più cose in comune di quel che sembra. Eppure Chagal e Miro’ hanno la stessa idea del colore come strumento di evocazione sentimentale. Tutti i protagonisti di questa rara esposizione sono stati dei rivoluzionari, hanno stravolto le regole estetiche dei propri tempi per provare a ridiscuterle.
Manet, che noi oggi vorremmo vedere esposto in uno dei nostri salotti e per il quale proviamo commozione senza riserve era ritenuto dagli artisti accreditati dell’epoca un imbrattatore di tele. I suoi quadri e quelli dei suoi amici impressionisti erano ritenuti delle oscene provocazioni, venivano rifiutati dalle esposizioni ufficiali e liquidati come prodotti insensati di giovani ribelli.
Cezanne, con i suoi corpi bidimensionali, con le sue forme scure, solide, con la sua nuova idea dello spazio –che sarà senza saperlo il fondamento del cubismo- veniva considerato un incapace, come non sapesse dipingere.
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