A tal proposito, nel rapporto si legge apertamente che “i gruppi sociali che maggiormente hanno dovuto sopportare i costi derivati dalle dighe, spesso non sono stati quelli che ne hanno ricevuto benefici in termini di acqua, elettricità o sviluppo sociale".
Lo studio del Wcd riconosce inoltre che spesso le grandi dighe non hanno portato i benefici promessi, ma la loro costruzione è stata fonte di grandi perdite di denaro ed i tempi si sono rivelati più lunghi di quelli previsti. Entrambi questi fattori hanno permesso lo sviluppo di un enorme giro di affari “poco chiari”: la diga di Yacyretà, al confine tra Argentina e Paraguay, è stata definita dall'ex Presidente argentino Menem "un monumento alla corruzione".
Nel rapporto si parla anche di ecosistemi irrimediabilmente alterati e di numerose specie terrestri ed acquatiche estinte per sempre. Deviare il corso di un fiume provoca fra l’altro il disseccamento dell’alveo a valle della diga e lo sconvolgimento nella conformazione del territorio interessato. Le specie adattate all’ecosistema, non potendo sopportare un cambiamento tanto repentino, quando non riescono ad emigrare soccombono. I bacini tagliano le vie migratorie degli animali, bloccando i loro normali cicli biologici.
Per non parlare dell’enorme quantità di sedimenti accumulati a monte dello sbarramento, causa della salinizzazione delle acque e del ristagno dei prodotti di scarto delle industrie.
Pochi sanno che alcuni dei principali fiumi del mondo, come l’Indo, il Nilo e il Colorado, non raggiungono più il mare (come accade sempre più spesso anche in Italia).
Durante il XX sec, circa 3000 miliardi di dollari sono stati spesi per la costruzione ed il mantenimento delle dighe, contro i 20 miliardi di dollari fatturati ogni anno dalle industrie responsabili: ogni sbarramento lavora al massimo al 70% delle proprie capacità, con una produzione di energia ben al di sotto delle aspettative.
I sostenitori delle dighe fanno notare che il 16% dell’agricoltura globale dipende dalla presenza di dighe, ma dimenticano che la loro costruzione deriva in genere dalla distruzione di vaste aree di terre fertili, con un bilancio il più delle volte negativo. A tal proposito, si cita spesso l’esempio della diga di Aswan High in Egitto, costruita per controllare le piene ed estendere l’irrigazione nel deserto. Secondo le statistiche della FAO, nel 1989 l’area irrigata aveva la stessa estensione del 1961, e la fertilità dei suoli si era persino ridotta perché il limo nel Nilo si era essiccato.
I risultati dello studio della Wcd, i cui contenuti sono stati definiti addirittura rivoluzionari dal professor Kader Asmal, presidente della Commissione e ministro dell'Educazione del Sudafrica, rappresentano un punto di riferimento per i progetti futuri: "Una diga – si legge nel rapporto - non dovrebbe mai essere costruita senza l'assenso delle persone coinvolte", senza una valutazione di incidenza, ma soprattutto senza che prima vengano valutate e messe in atto misure per massimizzare l’efficienza dei sistemi idrici e di produzione di energia esistenti”.
Seguendo la strada battuta dalla CBD (Convention on Biological Diversity), che ha dato per la prima volta voce a livello mondiale ai paesi sfruttati dalle nazioni industrializzate, il rapporto della Wcd afferma che “deve essere garantita una politica di condivisione delle risorse idriche fra Paesi: no dunque al blocco unilaterale delle acque da parte delle nazioni che controllano l'alto corso o le sorgenti di un fiume”.
Conoscere la terra che abiti è benessere
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