Perché il Protocollo entrasse in vigore, infatti, era necessario che fosse ratificato dalle nazioni industrializzate responsabili complessivamente di almeno il 55% delle emissioni responsabili dell'effetto serra (vedi approfondimento). Senza l’adesione della Russia e dopo il ritiro degli Stati Uniti (responsabili di circa il 36,1% delle emissioni dannose di anidride carbonica), questo obiettivo era irraggiungibile, nonostante ben 125 paesi, tra cui l’Italia nel 2002, avessero ratificato il trattato. Ma la firma di Putin ha portato in dote un buon 17% di emissioni, grazie al quale si è ampiamente superato il tetto del 55% raggiungendo addirittura il 61,6% delle emissioni totali.
Poco importa al pianeta, se dietro la decisione del governo russo ci siano promesse da parte dell’Unione Europea di un ingresso del Wto o quant’altro. Poco importa che dietro all’azione di Putin non ci sia un interesse reale verso il futuro del nostro pianeta, quanto probabilmente un mero calcolo di interessi. Quello che importa questa volta è il risultato.
A questo punto, però, bisognerà passare dalle parole ai fatti. Il trattato prevede che i paesi industrializzati firmatari riducano le emissioni globali di anidride carbonica del 5,2% rispetto ai valori registrati nel 1990 entro il 2008-2012. L'Italia deve ridurle del 6,5% mentre l'Unione europea si è impegnata a ridurle dell'8%. Secondo dati dell'Agenzia europea dell'Ambiente l'anidride carbonica, il gas maggiormente responsabile dell'effetto serra, è in costante crescita: 150 anni fa era 250 ppm (parti per milione), nel 2000 era di 360 ppm e tra 50 anni, se non si interviene, si arriverà a 500 ppm. In realtà, quindi, le emissioni tra il '90 e il 2000 sono aumentate e i paesi industrializzati dovranno fare uno sforzo notevole per raggiungere gli obiettivi designati. Bisogna precisare che le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra devono essere ridotte considerando l’intero pianeta. In pratica, non è importante dove vengono ridotte, ma solo se vengono ridotte.
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