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RIMANE INTATTO SOLO IL FAZZOLETTO
Siamo raffreddati, ci soffiamo il naso e distruggiamo una foresta. La tertibile equazione va eliminata. Come? Informandosi sulle origini dei nostri fazzoletti.

Rachele Malavasi

La prossima volta che dovete comprare un pacchetto di fazzoletti, non badate al profumo di menta o ai disegni di Topolino, fate piuttosto caso alla marca.

Pare infatti che una nota società, produttrice di un'altrettanto nota marca di fazzoletti, mostri molto più interesse nella cura dei nasi che non dell’ambiente.

Secondo Greenpeace, infatti, meno del 19% dei loro prodotti è costruito utilizzando materiali riciclati, mentre il restante è direttamente derivato dalle foreste boreali del Canada, composte soprattutto da Abeti, Pini, Tsughe e Larici. Questi alberi dal legno molto pregiato, potrebbero essere abbattuti in maniera sostenibile e ricavandone un guadagno molto maggiore, se non fossero destinati a formare il compost per i fazzoletti.

Le antichissime foreste boreali (nate circa 10.000 anni fa) costituiscono l’habitat per le circa 93.000 specie che abitano il territorio canadese, fra cui il lupo, l’orso, i caribù, le linci ed un numero incredibile di uccelli. Svolgono un ruolo essenziale nel mantenere l’equilibrio climatico del pianeta, vista la loro enorme estensione, per non parlare del ruolo culturale che svolgono per le circa 600 comunità indigene, (First Nation, Inuit e Métis), che le abitano da sempre.

Eppure, utilizzando come scusa proprio la loro estensione, molte industrie se ne servono senza riserve, incuranti che la loro azione combinata ridurrà ben presto le foreste boreali canadesi ad un misero lembo.

La nota società produttrice di fazzoletti abbatte queste foreste, letteralmente, in un soffio: il passaggio dei loro taglialegna, denominato clearcutting (taglio a raso), lascia la foresta completamente priva non solo degli alberi più grandi, ma anche dei giovani fuscelli, inutilizzabili a fini industriali, che cercavano di farsi largo fra le folte chiome.

E meno male che sulle confezioni c’è scritto di non buttare il contenitore nell’ambiente…
Danni ambientali come questo si ripercuotono non solo sul terreno disboscato, reso improduttivo sia dal punto di vista vegetazionale che da quello ecologico-animale (niente più rifugi, niente più cibo), ma hanno effetti anche sulle zone circostanti, che vengono viste dagli animali abituati al folto della foresta come zone pericolose da cui stare alla larga (effetto margine).

E chi provoca tutto questo, non solo non si vergogna di ammettere le proprie colpe, anzi le utilizza come incentivo all’acquisto: comprare un loro fazzoletto significa avere in mano un oggetto di qualità, un vero panno di seta. Che tanto verrà buttato dopo una soffiatina di naso.

Quindi, le soluzioni per potersi soffiare il naso senza incentivare la distruzione delle antiche foreste sono due: tornare ai poco igienici – ma ecologici e romantici - fazzoletti di stoffa, oppure fare attenzione sugli usa-e-getta che sia presente il marchio FSC (che certifica l’approvazione del Forest Stewardship Council).
Insomma, è vero che la marca fa la differenza…ma in negativo.


(24/08/2005) - SCRIVI ALL'AUTORE


Conoscere la terra che abiti è benessere

  
  
 
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