Gli OGM, Organismi Geneticamente Modificati, continuano ad essere lanciati sulla tavola del banchetto di nozze del mondo rivelandosi sempre più oggetto di discordia, allo stesso modo del ”pomo d’oro” di mitologica memoria.
Dalle rivelazioni di un rapporto della NAFTA (North American Free Trade Agreement ) – censurato dal governo USA, ma reso noto da Greenpeace, in cui viene raccomandato di ridurre in farina tutto il mais statunitense che entra in Messico per evitare contaminazione delle sementi e inquinamento genetico – si comprende come il problema cibo transgenico stia letteralmente dividendo il mondo e, forse, rivelandosi per quello che realmente è, al di là di un contesto di ricerca scientifica.
Presentato da aziende multinazionali nel 1996, in occasione del Summit Mondiale della Fao sull’Alimentazione, come cavallo di battaglia per contrastare la fame nel mondo, l’OGM è via via diventato simbolo e “manufatto” dell’aggravarsi del problema. Se, quindi, l’OGM non rappresenta più il paradigma di prodotto perfetto e giusta ricompensa all’ardore umano, e soprattutto americano, di varcare i confini della Natura, in compenso ha acquisito altri significativi attributi.
Da non poco, infatti, si parla di alimento geneticamente modificato non solo come di una minaccia per il mondo contadino, non solo come di un principio dannoso per l’agricoltura in generale, ma anche come di un nemico di primo grado della “biodiversità planetaria” e, a seguito di recenti indagini, della stessa vita umana.
E come se non bastasse, come a voler di nuovo imporre uno stato di potere che risale al rapporto feudatario/contadino nel Medioevo, le Multinazionali possiedono chiaramente le royalties sulle sementi da loro – con orgogliosa ignoranza – “create” e brevettate a dovere. Vien da pensare che prima di voler risolvere il problema della fame nel mondo, avevano già, nei loro progetti e nelle loro immaginarie mani, il controllo di una risorsa insostituibile quanto fondamentale come il cibo. Di fatto, quello che vogliono ottenere è una privatizzazione di ciò che appartiene alla Natura come non è mai successo in precedenza.
Come pensavano, inoltre, le multinazionali di poter risolvere il problema della fame nel mondo proponendo nel ’96, al Summit della FAO, un prodotto la cui natura sapevano già non corrispondere alla portata delle promesse fatte? Vi furono alcuni episodi precedenti che non vennero mai segnalati a sufficienza dalla stampa quale, ad esempio, nel 1994, l’introduzione sul mercato da parte della Calgene (ora controllata dalla Monsanto) del pomodoro FlavrSavr TM, il primo alimento bio-ingegnerizzato dalla vendita autorizzata.
Grazie a proprietà nuove rispetto al pomodoro tradizionale, il FlavrSavr TM aveva una particolare resistenza alla marcescenza, ritardandola, al fine di mantenersi abbastanza sodo da sopportare i tempi e i traumi della raccolta, dell’imballaggio e del trasporto.
Tre anni dopo il prodotto venne ritirato dal mercato perché non solo si ammaccava con grande facilità, ma non era resistente – come, invece, previsto e preannunciato – a malattie tipiche delle regioni normalmente deputate alla coltivazione del pomodoro tradizionale.
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