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NELLA VALLE DI ELAH
TITOLO ORIGINALE: In the Valley of Elah
REGIA: Paul Haggis
CON: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, James Franco, Susan Sarandon, Jonathan Tucker, Frances Fisher, Jason Patric, Josh Brolin
USA 2007
DURATA: 124 minuti
GENERE: drammatico
VOTO: 6
DATA DI USCITA: 30/11/2007

Giancarlo Simone Destrero

Una settimana dopo essere tornato dall’Iraq, dove aveva combattuto per deporre la dittatura di Saddam Hussein, Mike Deerfield scompare misteriosamente. Quando i genitori apprendono l’inquietante notizia, il padre del ragazzo Hank Deerfield, un ex membro della polizia militare, si mette immediatamente sulle tracce del figlio insieme ad Emily Sanders, ispettore in servizio nel distretto in cui Mike è stato visto l’ultima volta. A mano a mano emergeranno occultamenti e pressappochismi di copertura che tendono a proteggere quadri superiori dell’esercito e a semplificare le indagini. Per scoprire il mistero che si cela dietro la morte di suo figlio, così, Hank dovrà rimettere in discussione tutto quello in cui aveva sempre creduto.

La coralità del precedente film di Paul Haggis, il folgorante esordio Crash, viene ridotta alla dimensione di tragedia familiare ed, in sostanza, alla raccapricciante presa di coscienza di un padre che viene a conoscenza dei risvolti più turpi dell’esercito americano. Tutto quello che Enduring Freedom occulta dietro una patina di facciata demagogica.

Lo scandalo acquisisce ulteriore spessore poi, caratterialmente, perché a doverlo subire è un militare repubblicano, convinto assertore delle regole dell’american army e fermo sostenitore delle regole di vita che il proprio paese vuole insegnare al mondo. Un uomo che crede nella buona fede dei principi del suo paese, anche, e soprattutto, nei modi militareschi su come farli rispettare e che se li vedrà crollare sotto gli occhi, dovendo affrontare la sua personale luttuosa esperienza, così come le sue nazionalistiche certezze.

Uno di quei tanti cittadini americani che, pur senza nessuna crudeltà interessata di fondo, s’è fatto prendere il cuore dai subdoli richiami, da parte delle lobbie politiche, alle paure ancestrali sui diversi e sulla sicurezza della propria famiglia. Il classico elettore di Bush, per intenderci, e di quella casta repubblicana che ha fatto di tutto, agli occhi dei cittadini americani e non solo, per legittimare quello sporco intervento bellico in medio oriente. Torniamo al valore cinematografico di Nella valle di Elah. Una riduzione strutturale dicevamo, a livello di protagonisti, che fa il palio con una minore intensità emotiva del film, sia a livello concettuale che stilistico.

L’analisi collettiva sulla grande metropoli filmata in Crash, dalla quale traspariva una riflessione metafisica sull’esistenza, sembra spostarsi univocamente sulle storture del mondo di una corporazione, una delle più influenti in questo caso, e sulla ricreduta –auspicabile metafora politica- di chi, come Hank Deerfield non si è ancora reso conto, magari per la buona fede di un devoto patriottismo, delle aberrazioni ben contemplate dalle oscure trame politiche. La cosa più interessante è sicuramente la sobria, a suo modo dignitosa, e perseverante presenza del militare in pensione nelle indagini riguardanti suo figlio. Un lento, inarrestabile cammino verso la più totale smentita delle proprie convinzioni.

Quelle politiche, che un bieco ideologismo non vede, e quelle paterne; egli, infatti, attraverso le testimonianze orali dei commilitoni e, soprattutto, dei filmati digitali sull’esperienza irachena estrapolati dal telefono cellulare del figlio, scoprirà tutto il cinismo necessario per cancellare quell’etica che forma i suoi ideali e che credeva muovesse anche l’animo di Mike. Quell’indifferenza folle e ferina che è necessaria per sopportare l’orrore e l’insensatezza crudele presenti sul campo di battaglia, aldilà delle edulcorate ed ipocrite teorie propagandistiche tese a mistificare la realtà del conflitto.

Lo stile registico un po’ piatto del film, dovuto forse ad un troppo indugiare sui volti degli attori, viene movimentato dalle sequenze delle rovinate videoriprese che arrivano dal passato, frammenti umani che squarciano il silenzioso scandalo della morte, un’umana perseveranza immanente che si concretizza nella tecnologia. Il titolo del film allude allo scontro tra israeliti e filistei, alla leggenda del piccolo Davide che sfidò il gigante Golia e lo sconfisse grazie al suo coraggio.

Un coraggio che ognuno di noi deve avere per sconfiggere i mostri quotidiani che affrontiamo durante la nostra vita, soprattutto quelli nel più profondo di noi stessi, come fa Hank, il protagonista del film, riuscendo a rivedere le proprie convinzioni, a ribaltare i propri convincimenti a stelle e strisce, non avendo paura di chiedere aiuto agli altri.


(20/12/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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