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SPAGHETTI CINESI
LA CINA DELLE CONTRADDIZIONI...

MA JIAN

Storie crude e sguardo dissacrante sulla Cina post-Tienanmen.

Miriam Giudici

Cina, paese delle contraddizioni: ormai una frase fatta, usata per definire una realtà che sembra dividersi in modo schizofrenico fra le sirene del capitalismo più sfrenato e senza regole, e le assurde imposizioni di un regime oppressivo.

Giornalisti, politologi e analisti ci hanno detto molto al riguardo, ma a volte per riuscire a immaginarsi un mondo così lontano è bene affidarsi anche alla narrativa: e allora diventano vere scoperte autori come Ma Jian, capaci di raccontare tante piccole storie che, pur nel loro carattere estremo fino al grottesco, riescono a essere più che rappresentative di questa Cina che ci fa tanta paura.

Lasciamo per un attimo il paese in crescita vertiginosa, il paese che lucida i suoi grattacieli per le Olimpiadi del 2008, e torniamo indietro, ma di qualche anno soltanto, alla Cina dell'Apertura e delle Riforme. La Cina post-Tienanmen, la Cina incubatrice dei grandi sconvolgimenti di oggi, dove le prime crepe di un sistema che ancora non è crollato vengono riempite in fretta da soldi di dubbia provenienza, da piccoli affari sporchi, da nuovi (ma miseri) status-symbol. E dall'inquietudine e dallo smarrimento.

In questa Cina dove l'Ordine sembra regnare sovrano – ma formicolante di persone pronte a ogni espediente pur di trovare un posto speciale in quest'Ordine – uno “scrittore professionista” discute con un “donatore di sangue professionista” del suo prossimo lavoro: un romanzo commissionatogli dalle autorità per celebrare le virtù del patriota Lei Feng, sorta di Stakanov in salsa cinese assurto al Pantheon del regime.

Ma la mente dello scrittore è occupata da ben altri personaggi, devoti a ben altri dei: denaro, sesso, carriera, il proprio corpo, o una semplice boccetta di smalto per le unghie. E così sfila una serie di figure assurde ma non per questo meno vive: dal proprietario di un forno crematorio che fornisce una serie di moderni optional ai suoi clienti, a un'attrice che inscena una morte spettacolare; da un contabile che vuole disfarsi della figlia ritardata per poter essere autorizzato ad avere un altro erede, fino a un cane parlante che, osservando la città infinita dall'alto di un palazzo, emette sentenze spietate e profetiche. Finirà ucciso.
Ci sono spietatezza, ironia ma anche un piccolo residuo di partecipazione e di pietà nelle parole che lo scrittore ha per quelle che in fondo sono sue creature segrete: non potranno essere trasferite su carta, dovranno lasciare il posto alle gesta del moralmente irreprensibile Lei Feng.

Il tema della censura e dell'oppressione del regime emerge con efficaci stilettate da quelle che sono in fondo storie private, di sentimenti. E la censura ha colpito direttamente anche l'autore Ma Jian, che ha scelto di vivere in esilio: sono stati proibiti in patria un suo reportage sul Tibet e il libro Polvere rossa. Di certo ha voluto una vita diversa da quella del tranquillo e acquiescente, ancorché tormentato, scrittore protagonista di questo suo romanzo.


(21/09/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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