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Poi c’è la riflessione di Daniel sulla forza, sulla determinazione delle persone che hanno incontrato lì, nonostante la povertà e le prove che la vita ha loro destinato fino ad oggi, e quella domanda: “Al di là della guerra, il nostro modo di vivere è davvero migliore?”.

Mi guardo intorno e vedo la ricchezza di possibilità che abbiamo a portata di mano, una Roma talmente traboccante di arte e di cultura da farci dimenticare di essere dei privilegiati, da farci ignorare la bellezza che è sotto i nostri occhi o darla per scontata o, ancora peggio, maltrattarla, rovinarla, sporcarla.

Penso a cosa darebbero quei giovani artisti di Sarajevo per vivere da noi e al tempo stesso a quanto la nostra ricchezza – non parlo di quella artistica - ci anestetizzi, ci faccia dimenticare l’essenza della vita, ci confonda le idee o come, in nome del dio denaro, vendiamo le nostre vite al miglior offerente, trovandoci alla fine inariditi e soli.

L’ampiezza di respiro degli eventi come l’”Isola del Cinema” e di tanti altri in corso in città in questi giorni mi conforta e mi fa sperare, soprattutto per l’affluenza massiccia della popolazione e la voglia che mostra di aprire gli occhi sul mondo.

Spero in un futuro in cui la libertà e l’accoglienza, la scoperta della ricchezza che viene dalla diversità, il senso profondo di fratellanza con gli altri popoli non diventino, come ora purtroppo accade in Italia, accettazione diffusa dell’illegalità e lassismo, immobilismo e paura di far rispettare norme di giustizia e di civiltà che sono state stabilite per la tutela di tutti, non per consentire l’impunità a chi viola sistematicamente la legge.

Sogno un paese dove la razionalità della legge sposi il senso di solidarietà e di apertura verso gli altri; dove la libertà di espressione dell’arte e della cultura si accompagni all’efficienza e allo sviluppo, dove i politici utilizzino le entrate dello Stato per creare un paese a misura d’uomo, con interventi strutturali profondi e coraggiosi, dove non regni più l’arte dell’arrangiarsi, ma la vita sia semplificata da un sistema intelligente, che alleggerisca la burocrazia, il traffico e ci lasci più tempo per dedicarci all’arte e alla bellezza delle opere che uomini e donne possono creare.

E dove, tornando al nostro piccolo caso, quando si crea una città-salotto culturale e d’incontro, almeno si costruiscano dei parcheggi per potervisi fermare, o meglio ancora dei trasporti pubblici in grado di invogliare i cittadini a lasciare a casa l’auto, per il bene di tutti.

Quando il documentario termina è quasi l’una. Arrivo a piedi ad una fermata di bus notturno e comincio ad aspettare. Vicino a me due nordafricani laceri e ubriachi continuano imperterriti a bere e lanciare a terra bottiglie vuote. Alle due il bus arriva. Alle 2 e dieci sono a casa.


(27/07/2007) - SCRIVI ALL'AUTORE


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