Nell'universo "Haute Couture" il corsetto brilla ancora come una star.
Per realizzare bustiers impeccabili, celebri maison del calibro di Ungaro, Dior, Givenchy, Lapidus, Gaultier si affidano all'esperienza di Hubert Barrere, attualmente il più famoso creatore di corsetti.
Ironia, trasgressione e feticcio: il corsetto per alcune griffe diventa un emblema, al di là delle tendenze di moda. Ispirazione settecentesca per i bustier di Vivienne Westwood. Stravagante e inconfondibile il bustino-armatura di Jean Paul Gaultier. Indimenticabili i corsetti polimaterici di Thierry Mugler: vere e proprie sculture sartoriali.
Non esiste un solo tipo di corsetto. I modelli più noti che nel tempo si sono rubati la scena sono due. Quello tardobarocco e rococò (dalla fine del Seicento in poi): più concentrato sul seno, che tende a spingere in su a mo' di push up, spostando la vita verso il basso. E quello vittoriano (stile Ottocento): tutto concentrato sul punto vita, che sale e si strizza come una vespa.
Insomma, chi pensava che il corsetto fosse obsoleto, da bandire dal guardaroba delle donne moderne si è dovuto ricredere. Ammiccanti modelle ancheggiano sulle passerelle (co)strette in asfissianti e sensualissimi corsetti; pizzi, merletti e trasparenze che risaltano le curve, stringendo lì dove serve e facendo straripare l’abbondanza delle grazie femminili.
Seguendo i corsi e i ricorsi storici, dagli anni ’80 è rinata una moda che, dopo la liberazione femminile degli anni ’60-’70, si credeva abbandonata nei bauli delle nostre nonne: la moda del corsetto. Uno strumento di seduzione per le donne di oggi, una ‘tortura’ necessaria per le nostre antenate. La sua storia inizia nel lontano Cinquecento, ma è nell’Ottocento che assume forme e utilizzi portati all’estremo. Si era da poco conclusa l’età napoleonica, quella sorta dalle ceneri della Rivoluzione Francese: la donna si era emancipata e, anche in quel caso si era riuscita a liberare da fastidiose costrizioni e odiosi gioghi sociali. La moda imponeva la vita alta, cosiddetta stile impero, che eliminava bustier e lacci di ogni tipo, facendo finalmente respirare il ventre femminile. Ma la liberazione ebbe vita relativamente breve: il crollo dell’Impero Napoleonico e la Restaurazione, riportarono rapidamente in auge vecchie tradizioni: e, ovviamente, la moda non poteva che risentirne. Con un colpo di spugna vennero cancellate le conquiste di emancipazione, e la donna si vide di nuovo relegata nella veste di angelo del focolare; quella veste che ora imponeva un ritorno all’uso dell’amato/odiato corsetto, tornato ad essere simbolo di subordinazione e fragilità del gentil sesso.
Il “vitino di vespa” era il nuovo diktat della moda. E per raggiungere l’obiettivo ed essere considerate à la page, si era disposte a sopportare qualunque sacrificio! Fin dagli otto-nove anni, la fanciulla ottocentesca veniva sottoposta a torture che modellavano il suo corpo secondo i nuovi canoni romantici, che la volevano fragile, eterea, e con la vita strettissima: un manuale dell’epoca suggeriva alle madri di far stendere le figlie sul pavimento a pancia in giù, e di poggiare il piede sulla spina dorsale per stringere a sufficienza i lacci del busto…
Il busto, così stretto, provocava pallore, difficoltà respiratorie, danni permanenti agli organi interni, aborti, emicranie, e rendeva difficili anche i movimenti più semplici. Erano frequenti gli svenimenti e, nei casi più gravi, le morti per asfissia. La circonferenza della vita doveva essere esageratamente stretta, in contrapposizione alle enormi crinoline (arrivavano fino a 7 metri di larghezza) che ingabbiavano il resto della figura dalla vita in giù. Una serie di espedienti creati per rinchiudere il corpo in eleganti gabbie fatte di stecche di balena, ferro, stringhe e lacci. La situazione inizierà a migliorare agli inizi del Novecento, con il ritorno della vita alta: ma è soprattutto in seguito ad un altro evento storico, la Prima Guerra Mondiale, che le esigenze di praticità e gli sconvolgimenti sociali daranno un taglio netto col passato: le gonne si accorciano e sparisce il corpetto.
Indumento che ritorna negli anni ’50 con la moda delle pin up – chi non ricorda la silhouette di Sofia Loren - e poi, ancora, negli opulenti e vistosi anni ’80, ma con significati differenti da quelli che lo avevano sempre contraddistinto.
L’iniziatrice della nuova tendenza fu la regina del pop Madonna, che esordì nel suo Blond Ambition Tour del 1990 fasciata in un provocante e kitsch bustier di Jean Paul Gaultier, dalle leggendarie coppe rigide a forma di cono. Il corsetto usciva fuori dai vestiti, trasformandosi da protagonista principale della lingerie a vero e proprio capo di vestiario, da esibire e abbinare.
Da allora è stato reinterpretato, a dispetto della sua stessa origine, è indossato come un simbolo della liberazione femminile, di una donna capace di indossare un accessorio tradizionalmente associato alla sfera intima, come un capo qualsiasi d’abbigliamento.
E, voi, avete in mente il corsetto da indossare?
Moda è divertimento, divertirsi è benessere
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