Come un pesce dà per scontata l’acqua in cui vive, l’uomo, fine indagatore delle quattro dimensioni, tende a dare per scontato che il tempo conduca una sua esistenza indipendente, comprovata e ben delineata. Immaginiamo un Tempo con la T maiuscola, un Chronos, un “Padre Tempo”, che governi le cose del mondo dal suo trono iperurano; siamo sicuri dell’esistenza dell’oggetto chiamato tempo almeno quanto siamo sicuri dell’esistenza di una casa, del sole, o della nostra vita.
Eppure non esiste un solo organo nel nostro corpo che ci permetta di percepire in sé e per sé il tempo come, al contrario, riusciamo a dire che faccia l’occhio per le immagini. Non possiamo percepire un tempo puro, una durata “vuota” che non si riempia subito di immagini, ricordi o del suono del battito del nostro cuore. Deve esserci quindi un altro metodo per trovare come la nostra mente costruisca un “tempo” come viene comunemente inteso.
Quello che il nostro cervello è attento a cogliere non è lo scorrere di un flusso temporale, bensì il cambiamento in uno stato del mondo o della mente. Percepiamo una luce che si accende e si spegne e misuriamo che la durata dell’evento è stata di due secondi, ma non possiamo percepire i due secondi senza che vi sia avvenuto qualcosa all’interno. E’ allora la mente stessa che decide di costruire una “linea temporale” classificando tra loro gli eventi come simultanei o successivi e mettendoli in ordine.
Possiamo essere certi che il cervello sappia discriminare i mutamenti con precisione ed in maniera oggettiva in modo che questa “linea temporale” corrisponda ad un vero “tempo universale”, al tempo di Chronos? In pratica, siamo sicuri che ciò che è avvenuto nel passato rispetto ad un dato momento lo sia davvero in maniera incontestabile? Sembra che i meccanismi della nostra mente siano più laboriosi e complessi rispetto ad un semplice lavoro di rigorosa trascrizione degli stimoli.
Alcuni neurologi hanno condotto interessanti esperimenti tesi proprio alla ricerca dell’”inganno”, dei fattori che possono influenzare la posizione data dal cervello agli eventi sulla nostra linea temporale. Fendrich e Corballis (R. Fendrich, P. M. Corballis, Temporal cross-capture of vision and audition, in Perception and Psychophysics, Psychonomic society, Austin 2001) hanno condotto un esperimento nel quale ai soggetti veniva chiesto di indicare il tempo in cui veniva emesso un lampo di luce riferendosi ad un puntatore che ruotava su un quadrante. Se il lampo era preceduto da un suono improvviso, come un click, i soggetti anticipavano la reale posizione temporale del lampo per avvicinarla a quella del suono.
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