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MATERNITA' OGGI, TRA DESIDERIO E RIFIUTO
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Serena de Santis
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Un giorno, tornando a casa in metrò, mi sedetti casualmente vicino a due signore di circa quarant’anni, le quali conversavano sul significato di avere un figlio oggi. Intuii dai loro discorsi che entrambe non erano mamme. Avevano opinioni divergenti, ma in fondo arrivavano sia l’una che l’altra alla stessa conclusione… La propositiva, cioè la pro-maternità, affermava che senza una condizione economica adeguata oggigiorno non si può pensare di avere un figlio, anche se rimane la cosa più bella del mondo. L’altra, invece, la disfattista, andava oltre. Riteneva anch’essa bello e meraviglioso il desiderio di avere un bambino, ma aborriva il fatto di crescerlo in un mondo orribile come quello odierno. Non mi permisi di intromettermi, ma restai ad ascoltare incuriosita con le orecchie ben dritte.
Trovai entrambe le opinioni molto pessimiste, ma dovetti ammettere che erano purtroppo valide e reali. Si, perché per un italiano medio l’idea di fare un figlio è divenuta quasi un’impresa. Oramai è una cosa che si pianifica a tavolino e che si pondera molto bene prima di farla. Innanzitutto le prospettive di vita e i tempi di maturità sono notevolmente cambiati. Se solo una generazione fa si pensava che una ragazza di venticinque anni senza marito e figli fosse destinata a rimanere zitella, oggi la stessa ragazza va ancora all’università e se ha un figlio allora è quasi scandaloso.
Molti sono comunque i fattori che stanno trasformando l’Italia in un paese vecchio, dove prevalgono gli anziani sui bambini. Fino ai trent’anni il fattore economico, quindi il desiderio di fare carriera o comunque la necessità di avere un lavoro che permetta di fare progetti futuri, è l’ostacolo principale per chi desidera procreare. Molti sono i giovani che dopo aver studiato tanti anni pensano solamente ad affermarsi nel campo del lavoro. E sempre meno sono difatti le coppie che in quella fascia di età decidono di andare a vivere insieme, sfidare il destino, e crescere un figlio.
Quando poi ci si sente appagati dal lato lavorativo e quindi pronti per incontrare il partner ideale e magari metter su famiglia, spesso ci si ritrova ad affrontare problemi più gravi e non facilmente risolvibili, come quello della sterilità! Ciò accade sempre più spesso.
Lo stress procurato dal tanto agognato lavoro, l’ansia di volere a tutti i costi un figlio sono solo una parte dei motivi che la causano. Recenti studi, pubblicati sulla rivista Human Reproduction, riportano come in gravidanza il consumo di carne, soprattutto bovina, possa compromettere il numero futuro di spermatozoi del figlio, riducendolo addirittura del 24%.
La spiegazione pare stia nel contenuto di ormoni steroidei dei prodotti animali, che utilizzati anche come anabolizzanti, sono presenti in alte quantità nel tessuto adiposo, nei muscoli, nel fegato, nel rene e in altri organi degli animali. Oltre ciò consumare carne pare aumenti la percentuale di contrarre il cancro all’endometrio… e quindi rendere sterile. Non possiamo tralasciare inoltre i danni causati dall’inquinamento. Non solo l’aria che respiriamo, ma anche alcuni metalli, come il mercurio e il piombo, così come alcuni composti chimici, come gli antiparassitari, i solventi, i disinfettanti, gli anestetici, sono cause fondamentali della sterilità soprattutto maschile. Quando qualcosa diviene impossibile è allora che ci si rende conto di quanto la bramiamo, e il desiderio di avere un figlio si trasforma quasi in ossessione.
Quando si è giovani si pensa a quanto possa essere difficile crescere un figlio mentre quando si è più grandi il timore cresce con la paura di non riuscire a farlo. Fortunatamente esistono ancora persone che vivono senza crearsi troppe paranoie. Sì, forse crescere un figlio non è divenuta la cosa più naturale e facile di questa terra e forse è vero che viviamo in un mondo non totalmente rose e fiori. Ma i nostri nonni e i nostri genitori ci insegnano che un conto brillante in banca non è sicuramente indispensabile per crescere sano e felice un figlio, quando poi non si ha il tempo di stargli vicino. E alla signora disfattista del metrò avrei voluto tanto chiederle chi secondo lei è l’artefice di un mondo sempre più brutto? Sicuramente non i bambini…
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