La giovane coppia ritorna a Runate ricca di idee, ma ben decisa a “cucinare italiano”... «Difendere la propria identità, non rinnegare le proprie radici, non copiare mai... Capimmo che ogni ricetta deve essere ispirata al clima, alla stagione, ai prodotti, al rispetto della terra e delle tradizioni, senza mai trascurare la creatività. Fu un viaggio davvero formativo», ricorda Nadia che, in compagnia del marito, trascorre gran parte delle sue vacanze alla scoperta dei più grandi ristoranti italiani ed europei. «Il rispetto del prodotto, il “savoir-faire” dello chef, il servizio... Conoscere ed apprezzare le cucine di culture diverse è stato fondamentale per identificare la nostra e sviluppare uno stile personale», rivela Nadia che non ha mai dimenticato le raccomandazioni di nonna Teresa: «Il lavoro è il nostro pane quotidiano. Per mangiare oggi abbiamo dovuto ben lavorare ieri. Per mangiare domani dobbiamo ben lavorare oggi».
Un principio al quale l’intera famiglia continua ad ispirarsi. Tutti i Santini, infatti, collaborano nella conduzione del ristorante “Dal Pescatore”: Antonio dirige l’accoglienza in sala; in cucina Bruna, 73 anni, perpetua la tradizione e prepara i tortelli di zucca, la sua specialità; Giovanni, 75 anni, si dedica all’orto e ad una piccola coltivazione di zafferano per gli straordinari risotti di Nadia, oltre ad occuparsi di un altrettanto piccolo allevamento di anatre e di oche, altre specialità della casa. Il figlio di Nadia, Giovanni (i nomi dei primogeniti Santini sono anch’essi una ferrea tradizione...), 25 anni, studente di scienze e tecnologie alimentari, l’assiste in cucina e conta, un giorno, di seguire la strada dei genitori perché, come egli stesso ci dice, «forse questa passione mi è stata trasmessa geneticamente...». Alberto, 18 anni, ancora liceale, aiuta il padre in sala. Il regno del “Pescatore”, dunque, ha la discendenza assicurata... ma è al talento di Nadia che deve la sua celebrità.
La qualifica di “miglior cuoca del mondo” non ha intaccato la sua modestia: «Mi sono chiesta più volte perché, visto che ci sono tanti bravi chef... Nondimeno, ciò mi ha fatto molto piacere anche se sia la nostra famiglia che la nostra équipe sanno bene che dopo un riconoscimento aumentano le aspettative, è necessario migliorare ancora, andare sempre più lontano... ma finché non si getta la spugna vuol dire che si accetta la sfida e che si è felici così... ».
Nadia mostra la stessa tranquilla sicurezza quando le si chiede se le donne chef sono più o meno capaci dei loro colleghi uomini che sembrano dominare l’Alta Cucina. «Le donne apportano qualcosa di diverso; un tocco femminile in cucina significa armonia di sapori e di colori. Un piatto innanzitutto deve essere bello per gli occhi, profumato per il naso, perfetto per il palato e leggero, infine, per la digestione. Le donne, secondo me, non amano cucinare per molte persone, mai più di una trentina. Alcuni uomini chef, invece, si considerano dei falliti se non cucinano per 500 persone ogni sera... Le donne s’impegnano corpo ed anima. Si sentono responsabili di tutto ciò che esce dalla loro cucina, vogliono che tutto sia perfetto e si mettono continuamente in discussione. La donna trasmette emozioni, ha un rapporto quasi romantico con ciò che cucina, mentre l’uomo è più cerebrale, vuole inventare, sperimentare, essere all’avanguardia». E per fare un paragone con i grandi pittori... «L’uomo è un Mirò, un Dalì, la donna un Renoir, un Monet, un Manet... Ma va benissimo così!».
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