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Cantare vittoria (“Da oggi l’ l'Europa è alla testa della lotta mondiale contro il cambiamento climatico” – sarà alla testa…) e gridare alla svolta è molto facile. Si attira l’attenzione dei media e del pubblico, che resta abbagliato dalla proposta strabiliante e non si ferma a riflettere sulla realtà dei fatti. Chi esulta fa bene, ma dovrebbe contemporaneamente aggiungere una vena critica che spinga il pubblico a non adagiarsi e soprattutto a non crederci troppo.

Angela Markel, presidente di turno della Ue, ha affermato che “l’aspetto giuridico dell'implementazione del piano di azione è un capitolo ancora tutto da scrivere. L'importante è che la porta sia stata aperta, non solo socchiusa". Sottoscriviamo in pieno l’importanza del piano d’azione, ma non è assolutamente sufficiente avere una porta aperta. Scrivere un piano d’implementazione per un progetto del genere richiede molto tempo. Festeggiare adesso significa dire ai membri della Ue che siamo già contenti così, che loro hanno già fatto la loro bella figura davanti ai nostri occhi e questo ci basta. Li voteremo di nuovo perché ci ricorderemo del successo ottenuto in Commissione su temi importanti come quello ambientale, senza soffermarci sulla reale riuscita del progetto. Non perde di senso aprire i regali di Natale prima della cena della vigilia?

Purtroppo, diverse volte negli anni si sono ripetuti questi comportamenti inadeguati e fuorvianti, ed il riferimento è soprattutto a Kyoto ed ai numerosi summit che si sono succeduti dal 1992 ad oggi. Il protocollo di Kyoto per il clima ha permesso enormi passi avanti sia nei confronti della consapevolezza riguardo al problema ambientale, sia, in termini più pratici, ha portato ad una riduzione del 5% delle emissioni a livello europeo. Al 2020, alcune proiezioni dicono che 7 Paesi dell’Unione non riusciranno a raggiungere gli obiettivi prefissati (fra cui l’Italia), ben 6 ce la faranno e 5 addirittura supereranno i limiti richiesti. Riduzioni significative si sono ottenute nei processi di gestione dei rifiuti, industriali e legati all’agricoltura, mentre per i trasporti la situazione è andata peggiorando.

Tirando le somme, la cosa funziona, anche se parzialmente e con la necessità di qualche spinta legislativa in più. Eppure fra la gente comune c’è un forte disinteresse, un grande scetticismo, e serpeggia l’idea che Kyoto e progetti vari siano solo una grande bufala che non serve in realtà a nessuno. Si sente dire sempre più spesso che, con tutti i disastri in corso, a che serve chiudere l’acqua mentre ci si lava i denti o riciclare la plastica? Ci sono i grandi accordi, se non funzionano quelli perché dovrebbero funzionare le nostre piccole azioni?

Nel corso degli anni, dicevamo, sono state numerosissime, da parte di associazioni di vario genere, le manifestazioni di esaltazione legate a singole dichiarazioni importanti in sé, ma ricche di lacune come quella del 9 marzo. Relativamente all’accordo di Bonn del 2001, si affermava che si trattasse di “una pietra miliare politica nelle lente negoziazioni internazionali”.


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