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Maternità 

 
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MATERNITA'. QUELLO CHE NON SI IMMAGINA
Può accadere però di credersi negate per la maternità e poi scoprire che non è così?Si può essere convinte di detestare i bambini e poi iniziare ad adorarli? In questo articolo la parola “amore” si ripete troppo spesso: la verità è che non esistono sinonimi. Voler bene, provare tenerezza…quando si parla di un figlio solo il verbo “amare”rende l’idea.

Laura Bonaventura

Ci sono donne che fin da bambine sognano di diventare madri: a quindici anni già facevano le baby sitter per arrotondare la paghetta, sono cresciute in famiglie numerose e sono abituate a parlare e giocare con i più piccoli; conoscono così bene l’infanzia che in fondo sanno già cosa aspettarsi, sono preparate. La maternità è per loro il coronamento del desiderio di una vita; pur di avere dei figli queste donne sono disposte a tutto.

Altre arrivano a trent’anni senza aver mai parlato con un bambino per più di un nanosecondo, avendo ritenuto quella conversazione più che sufficiente; rifiutano di prendere in braccio i neonati per paura che si rompano; trovano i bimbi fastidiosi, finti, leziosi, insopportabili, manipolatori, guastafeste. L’idea di un figlio si associa nella loro mente a quella di una condanna all’ergastolo; si ripromettono di non averne mai e rifuggono qualsiasi occasione di frequentare esseri umani al di sotto dei vent’anni.

Quando ho scoperto di aspettare un bambino appartenevo alla seconda categoria. Il test che si colorava delineando un grande + rosa fuxia è un ricordo indelebile, come lo shock che ne seguì. La sensazione dominante era il terrore. Terrore di non essere più padrona della mia vita, di non essere in grado di crescere un figlio, proprio io che non sopportavo nemmeno l’impegno di innaffiare una pianta sul davanzale e avevo la casa piena di fiori finti. Eppure, inaspettatamente, l’idea di rifiutare quella vita non mi sfiorò neanche per un secondo.

Così è cominciata naturalmente una trasformazione che mai avrei potuto immaginare, radicale a tal punto da rendermi irriconoscibile a me stessa. Giorno dopo giorno, accanto alla paura, sentivo nascere un imprevisto senso di protezione e di amore per quella creatura misteriosa che viveva dentro di me. Ricordo la mia sorpresa quando, ascoltando per la prima volta il battito del suo cuoricino di tre mesi durante la prima ecografia, sentii sgorgare inarrestabili lacrime di emozione, di felicità e di amore.

Cominciai a parlargli, a spiegargli le cose, a rassicurarlo. E mi accarezzavo la pancia, per accarezzare lui. Da dove nascevano quei sentimenti? Il mistero della vita si svolgeva nel mio corpo e nella mia anima, senza che facessi nulla, senza che pensassi nulla. I pensieri portavano solo paure, le emozioni solo felicità. Dove era nascosto quel senso materno che irrompeva dalle profondità di me stessa?

Il giorno della sua nascita è stato il più bello della mia vita. Banale, vero? Eppure, invece del dolore, ricordo l’immensità dell’amore che provai nel vederlo e le prime parole che mi sentii pronunciare quando, ancora sporco di sangue, lo appoggiarono sul mio petto: “Amore, amore, amore”. Non riuscivo a dire altro.


  
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