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MESTIERI CHE MUOIONO, MESTIERI CHE CAMBIANO
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Miriam Giudici
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L'arrotino, la sarta, il barbiere, il cappellaio, il mugnaio, la mondina, il fabbro: potrebbe continuare per molte pagine l'elenco dei lavori ormai scomparsi o in via d'estinzione.
Cancellati dalla tecnologia, dall'arrivo delle macchine e dall'invasione dei prodotti fabbricati in serie, magari in paesi lontani dove lavoratori in tutto e per tutto identici ai "nostri" costano molto meno a chi produce. Oppure destinati a sparire perché considerati troppo duri, o poco interessanti e qualificati, dalle nuove generazioni.
A morire lentamente sono soprattutto quei mestieri che hanno a che fare con le riparazioni in genere: in un mondo in cui le cose rotte si buttano via senza indugio, e si preferisce sostituirle con le ultime novità sul mercato, più nessuno sceglie di far risuolare una scarpa, di riparare una radio, di rammendare un indumento bucato.
E mentre calzolai e sarte scompaiono, diventa sempre più difficile (e caro) trovare qualcuno che dia una mano per le piccole emergenze, che pure continuano a capitare: a chi mi rivolgo se mi si rompe un tacco o se devo sostituire una cerniera?
L'Italia poi è un Paese che vive una situazione particolare, e per certi versi paradossale: abbiamo una tradizione culinaria e un artigianato ricchissimi, che presentano una miriade di figure diverse e specializzate, e che sono parte integrante - insieme alla cultura e alle bellezze artistiche e paesaggistiche - dell'attrattiva che il nostro Paese ha per i turisti.
Secondo la Confartigianato oltre il 13% delle attività artigianali presenti in Italia fa parte del settore artistico e di tradizione: queste imprese beneficiano di un alto giro d'affari e soprattutto godono di credito nell'immaginario collettivo, essendo considerate unanimemente sinonimo di qualità.
Eppure, anche per queste attività è difficile resistere al dilagare della produzione serializzata, dei grandi centri commerciali, delle catene omologate che hanno la possibilità di abbattere sensibilmente i costi. E poi manca il ricambio generazionale, perché i giovani non sono più attratti da lavori faticosi e magari poco "alla moda": al posto del barbiere per uomo che un tempo si occupava senza fronzoli di baffi, barba e capelli, oggi c'è l'hairstylist che propone nuovi tagli, trattamenti e colorazioni. Il salumiere e il panettiere, se vogliono sopravvivere, devono trasformare i loro negozi in raffinate gastronomie.
Non muoiono solo i lavori artigianali, però: in un settore come quello dei lavori d'ufficio il livello di obsolescenza di macchinari, pratiche e mansioni è molto alto. E così, mentre la carta carbone rimane un lontano ricordo, fotocopatrici, plotter, fax, posta elettronica e computer sempre più potenti mandano in pensione tutta una serie di figure storiche, a volte con nomi che paiono astrusi: dattilografe, stenografe, linotipisti, dimafonisti...
Intanto, alcuni lavori fra i più duri - ma ancora necessari - sopravvivono grazie a chi proviene da paesi lontani: sono gli immigrati a fare i lavori che gli italiani ormai rifiutano. E non si tratta solo, genericamente, di operai, collaboratori domestici e muratori: alcuni di loro rilevano mestieri tradizionali, come quelli che hanno a che fare con la pastorizia, l'allevamento e l'alimentazione. Niente di più facile, quindi, che trovare un mungitore indiano e un pizzaiolo egiziano.
In questo panorama di cambiamenti che investe la società intera, però, si trova anche qualche sorpresa: a quanto pare è più vitale che mai il mestiere dello spazzacamini! Questa figura che immaginiamo uscita dal film Mary Poppins oggi continua a occuparsi di caldaie, canne fumarie, caminetti e tubazioni, con un occhio a temi più che attuali: sicurezza, risparmio energetico e controllo della qualità dell'aria.
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