I volontari si occupano anche delle adozioni…perché mica puoi dare un cane al primo che capita. Magari arriva la vecchietta che vuole il cucciolo, e come fai a spiegargli che probabilmente durerà più lui che lei? Oppure i ragazzetti col bomber e i jeans stretti che ti chiedono il pitbull o il dobermann, ma mi raccomando cattivo. Una volta è venuto un punk a bestia (un punk che gira per le strade con il cane, compagno di viaggi), ha ritrovato il suo cane ed è rimasto tutto il giorno a piangere seduto vicino alla gabbia, ma per legge non potevamo ridarglielo…poi la cosa si è risolta.
Un’altra volta un prete ci ha chiesto se gli tenevamo il cane e poi non è più tornato. Dei carabinieri ci hanno portato un alano nero enorme con due orecchie grandi altrettanto, che fortunatamente è stato adottato da un cristone che aveva bisogno di un cane forte per fare trekking con lui.
E poi ci sono le coppiette di ragazzi, i migliori di tutti, che si adottano il cane senza una gamba o quello vecchio che sta in canile da più di un anno (…un anno, ma vi rendete conto??).
Finiti i gabbioni, è il momento di portare a spasso i cani delle gabbie ufficiali. Gli ausiliari non hanno tempo per pulire, nutrire e portare anche fuori i cani, quindi a questo ci pensiamo noi. C’è una lista di cani che possono uscire ed altri che sono aggressivi o troppo paurosi, per cui vengono tirati fuori solo da esperti di psicologia canina. I cani che possiamo far uscire noi sono tantissimi, quasi duecento. Ogni gruppo di volontari ne porta fuori un po’, ma sono talmente tanti che alcuni restano in gabbia per una settimana. Una settimana di carezze dalle sbarre, di umido, di tristezza…”Perché mi lasciano sempre qui? Eccomi, non mi vedete, sono qua dentro! Oh, ma loro mi vogliono bene, è solo che... Certo gli altri escono… Stanno passando, forse prendono me…ehi…”.
Guardo Alba e penso a quello che deve aver passato durante quei quattro mesi di prigionia. E’ così buffa e dolce, piena di affetto da dare e di voglia di riceverne. Quando la porto a spasso e va troppo svelta, si volta e si ferma ad aspettarmi, e in estate si butta nel laghetto e gioca con l’acqua tirandola per aria con il muso. È riconoscente per ogni ora che passiamo insieme, lo so. E lo è perché io e Alessandro l’abbiamo tirata fuori da un incubo, in cui i tuoi simili muoiono di cimurro a tre gabbie di distanza ed altri si rifiutano di uscire e camminano sempre a testa bassa.
Il “cinodromo” è un corridoio di terra e sassi all’aperto, dove il cane a cui tocca uscire può stare circa un quarto d’ora. Poi torna in gabbia tutto il giorno e uscirà, probabilmente, due giorni dopo.
A volte siamo quattro nel turno e non serve che stiamo tutti lì ad aspettare che passi il tempo.
Quelli sono i momenti che preferisco…esco dal cinodromo e vado verso le gabbie sul retro. Parecchie faccette mi chiamano e bisogna districarsi fra tutti.
Ci sono meticci piccoli e grandi, beige bianchi marroni neri rossicci. Rottweiller, labrador, dalmata, pitbull, dobermann, addirittura un incrocio fra un bassethaund ed un cane lupo. Passo la mano fra le sbarre dopo essermi fatta odorare…una leccata lui, una parola dolce e una grattatina d’orecchie io. Avete presente il film d’animazione Dumbo, quando la madre viene rinchiusa perché ritenuta pazza e Dumbo la va a trovare? Beh, loro si abbandonano sulla tua mano come Dumbo sulla proboscide della mamma, e vi assicuro che i pitbull sono fra i più dolci. Resto lì qualche minuto, cantando sottovoce perché mi vergogno un po’ “La cura” di Battiato è la mia preferita….”perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te…”.
Poi ci sono gli infetti. Un gruppo di gabbie leggermente distanziate dalle altre è occupato da cani malati che non devono entrare in contatto con gli altri. Sono grandi e piccoli. Non molti ce la fanno e il lunedì successivo vieni a sapere che il cucciolo di husky che hai imboccato il giorno prima è morto. A volte devi startene accovacciato nella gabbia per un bel po’ prima che si decidano a mangiare. Mi ricordo un cucciolo debolissimo che ci ha messo mezz’ora per finire un omogeneizzato. Se non sbaglio è guarito. Dopo un po’ sviluppi quella punta di cinismo necessaria per non affezionarti a tutti e cominci a perdere il conto.
Un altro cane malato di leishmaniosi era praticamente privo di pelo, coperto di croste e con le unghie sanguinanti. È diventato un segugio marrone meraviglioso.
Alle 13:30 finisce il turno. Cambio di scarpe e di vestiti, segniamo i cani che abbiamo portato fuori e usciamo. Anche se ti sei lavato ti resta addosso quell’odore pregnante di feci, muffa e fango, o almeno tu lo senti anche se non lo sentono gli altri. Hai finito il turno, ma quello che hai vissuto ogni volta ti segna in modo diverso. Torni a casa ma loro sono lì e aspettano qualcuno che gli dia da mangiare, li pulisca, li ami almeno la metà di quanto loro riescono ad amarti attraverso le sbarre.
Conoscere la terra che abiti è benessere
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